giovedì 22 novembre 2012

WALKING IN MY SHOES

È confortante uscire in pigiama per andare al mercato, indossando sopra la maglia di flanella il piumino a orsetto che mi ha regalato Altair in quell’ultimo Natale silenzioso.


Ricordo l’atmosfera tesa e strana, e la speciale tenere innaturale che nasce tra due persone che, per non ammettere i propri sbagli, si parlano rivolgendo brevi monosillabi al frigorifero. Adesso non saprei dire come è iniziata la resistenza cocciuta del mutismo, o meglio, non so se valeva davvero la pena di difendere uno stupido baluardo ideologico. «Se è così che vuoi condurre la cosa, perché non ti suicidi subito?» Già, “Continua a passare per le finestre aperte” disse uno scrittore in un hotel del New Hampshire.

«Se tu fossi nata con qualche problema, avrei chiesto di staccare le macchine». A sentirlo, avevo pensato che fosse crudele, ma forse era solo dannatamente realista- Non potevo tollerare che la mia trasparenza da diafana Principessa passasse così inosservata, così fraintesa da sembrare pazzia. “Cosa vuoi da me? Che mi alzi e faccia una giravolta, e poi la faccia un’altra volta?”.

Dopo la riverenza, forse ero arrivata alla fase della penitenza e lui, con quella sua preoccupazione mascherata goffamente da cinismo, credeva che fosse meglio essere odioso e lasciare tutto sulle spalle curve di Cassy piuttosto che guardarmi negli occhi e starmi a sentire.



E allora non vedo nulla di sbagliato nella mia piccola trasandatezza e non mi cambio per uscire a comprare frutta e verdura. E margherite viola per mio padre – anche se in realtà vorrei dei crisantemi giapponesi, gonfi e aperti come damigelle aristocratiche nelle stanze proibite dello Shôgun – e lilium amaranto per K.

Anche lui andava in giro in pigiama, semplicemente per stare più comodo. A chi gli domandava perché fosse sempre imbronciato, rispondeva «Sono sveglio: non è sufficiente?»



Mi fermo dai casalinghi a prendere un pelapatate per sbucciare le fuji che mi servono per sopravvivere: un modo gentile e preciso per strappare la pelle sottile e mettere a nudo la polpa bianca – Ogni analogia con il mio sistematico metodo del dolore fisico è puramente casuale ma estremamente suggestivo.

Come un dio della morte con una mela rossa nelle mani grigie, penso di poter continuare in un assurdo regime di frutti succosi, zucchine, yogurt e poco altro …

Se a tutto questo aggiungete un po’ di curry, avrete la ricetta dell’amore!

Se conoscessi il nome e il volto di quelli che mi hanno fatto del male, li ucciderei in quaranta secondi scrivendo sul mio nero quaderno!



Rievocando la cucina (i suoi odori e le sue implicazioni affettive), guardo l’ora sul cellulare e stringo i pugni contro i manici di plastica dei sacchetti: è tardi ma Cassy non sarà ancora rientrata. Non vale la pena di affrettarsi, però devo ancora fare la doccia e selezionare, nella cascata vomitata dagli armadi, i vestiti da mettere per il lavoro.

Le vetrine del centro sono una sfilata di tentazioni e mi sono ritrovata a fare mille foto a oggetti del desiderio che si allontanano sempre di più man mano che mi ripeto che è meglio aspettare i saldi. Persino un paio di scarpe da donna è comparso in questa galleria di cartamodelli virtuali. La zeppa alta e il colore impossibile mi hanno fatto venire in mente Sylvia: sarebbero perfette per lei mentre probabilmente io sembrerei ridicola e traballante su quelle zattere senza un approdo.



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