sabato 2 marzo 2013

STORIA DI UN CORPO Daniel Pennac




Scrivendo le note a questo diario (per Lison), mi salta agli occhi tutto quello non ho annotato. Aspiravo a dire tutto, e ho detto così poco! A malapena ho sfiorato questo corpo che volevo descrivere (p. 332).


Violine sola di fronte a uno specchio di sofferenza (p. 92).

Datemi questa virgola e ne farò n punto esclamativo (p. 97)

Resistenza = corpo unico di combattimento in cui erano i pensieri a essere mobilitati. Nei negozi, la clientela è un corpo unico e le parole sono fisiche

Nei due anni in cui sono entrato nella danza macabra, il mondo ha avuto i nervi a fior di pelle al posto mio (p. 106).

Le guerre finiscono per tutti (109).

Andare a letto con una persona grassa è come fare l’amore con una nuvola (p. 121).

Ad attirarmi inizialmente è stata la grana della voce, la grazia un po’ brusca dei gesti, la lunga eleganza, il sorriso carnoso (120)

Decomposizione organica: vuol dire che l’anima puzza di merda? (124)

[L’escursionista caduto in una falesia] Per tutta la vita si è ricordato di questa perdita di speranza come dell’esperienza stessa della beatitudine (134)

Io non facevo altro che condurre accanto a lei la mia vita di bambino troppo giudizioso (p. 135).

Auto-divoramento delle pellicine interne del labbro come bucce di me stesso: ho il vago timore di aver raggiunto il limite del supplizio oltre il quale la carne così sollecitata si rifiuterà di cicatrizzarsi. Piccolo rituale isterico con una componente suicida (p. 136).

So che l’angoscia mi aspetta al varco all’uscita del sonno (p. 138) Il cuore si sottrae alla presa e sfugge all’angoscia; si rituffa nel sonno con l’agilità do un delfino, sonno che ha cambiato natura, o meglio consistenza, sonno diventato materia lucida di un benessere familiare (p.139).

La noia elevata al rango di metafisica (p. 142).

Il freddo mi è saltato addosso e mi è entrato dentro. L’inverno ci invade, l’estate ci assorbe (p. 142).

Stoicismo sognante dell’amico scimpanzé (p.144).

L’invecchiamento è un fenomeno di ossidazione generalizzata. Noi arrugginiamo (p.143).

Piccione morto = Pura fantasia di inquinamento visivo! C’è qualcosa di particolarmente infettivo nell’immagine di un uccello morto. La prefigurazione di una pandemia (p. 148).

Il disegno, nei bambini, è un linguaggio in espansione. L’apprendimento della scrittura avrà la meglio su questa vastità (p. 149).

Il mio corpo non danza, ma il cuore invece sì (p. 154).

Resto ogni volta stupito dalla densità di quei piccoli corpi [dei bambini], come se maneggiassi energia allo stato puro, tutta l’energia di due esistenze a venire fantasticamente racchiusa in quella carne infantile così compatta, sotto quella pelle così delicata (p.156). / A quale divinità muta appartiene lo sguardo che i neonati posano su di te senza battere ciglio? Su cosa si affacciano quegli occhi con la pupilla così nera, con l’iride così fissa? (p. 210). / Lison (incinta) partecipa alle conversazioni con una gioia di vivere che mi sembra amplificata da una forza a lei estranea. “il volto della donna muta. È come dominata dal futuro che uscirà da lei, e già non è più se stessa” (citazione dal Dottor Zivago) (p. 216).

Giorno dopo giorno, il mondo sarà più pesante di quel che è. Allora l’angoscia si insinuerà nella mia stanchezza e non sarà più il mondo a sembrarmi troppo pesante, ma io stesso in seno al mondo, un Io impotente, vano e bugiardo ecco cosa mormorerà l’angoscia all’orecchio della mia coscienza esausta (p. 172).

Un puro stato nervoso dalle conseguenze fisiche immediate e i pensieri corti come il fiato. Impossibile concentrarsi, dispersione assoluta, accenni di gesti, accenni di frasi, accenni di riflessioni, niente arriva fino in fondo, tutto rimbalza verso l’interno, l’ansia rimanda sempre al cuore dell’ansia (p. 173).

Non mi agito, mi spengo / Ogni quattro ore mi isolo per sanguinare in pace / A ogni emorragia segue un’insopprimibile tristezza. Come se la malinconia riempisse lo spazio lasciato libero dal sangue perso. Mi sento assalito dalla morte (p. 176).

Angiomi rubino (p. 184).

Maggio 1968. La piazza sta forse scrivendo il diario del corpo? (p.184)

D’inverno vestirmi significa trovare l’equilibrio tra la temperatura esterna e quella dei vari “fuori” (p. 186).

Portiamo in giro il volto come una radioscopia dell’anima (p. 188).

Ogni risveglio è per me una promessa di addormentamento. Tra un sonno e l’atro, fluttuo (p. 191).

È la felicità del corpo a fare la bellezza del paesaggio (p. 201).

Che mi sia restituita la mia durata! Che le mie cellule rallentino! (p. 202).

Ho sempre detestato lo sport inteso come religione del corpo. Il pugilato era per me una specie di danza ludica, un’arte della schivata.

L’uomo teme davvero solo per il proprio corpo (p. 218).

Villa neo-vittoriana di madame P. Prendere il tè sotto un albero cresciuto in mezzo a un campo da tennis in disuso = come trovarsi in un quadro di Magritte.

Per me il ruolo ha sempre avuto la meglio sull’ansia. In compenso i nostri cari , gli intimi, sono quelli che ci vanno di mezzo, proprio perché sono nostri, costitutivi di noi stessi, vittime sacrificali del moccioso che restiamo per tutta la vita (p. 229).

Che farò della mia ansia quando sarò in pensione? Chi combatterà i grovigli ontologici quando sarò privata di questa compagnia che mi è necessariamente indifferente? (pp. 230-231).

In fin dei conti, non ci dispiace affidare la nostra sorte ai capricci della meccanica (232-233).

Avrei dovuto tenere un diario delle mie dimenticanze (p. 237).

Sono un giroscopio: un asse malfermo intorno a cui gira il mondo (p. 243).

Sono quindi dotato di una “cultura delle vertigini” e, come ogni detentore di sapere, soggetto a interpretazioni erronee (p. 244).

Andare a vedere dall’altra parte di quella maledetta adolescenza se il cielo promette una schiarita (p. 245).

Solo la bocca sorrideva, di un sorriso involontario, una reminescenza di sorriso, come se ricordasse di aver sorriso un tempo (p. 245).

Tra il mondo e me, l’ostacolo del mio corpo (p. 250).

Signore e signori, moriamo perché abbiamo un corpo, ed è ogni volta l’estinzione di una cultura (p. 257).

La parola produceva un’impressione di vertigini e soffocamento. In fondo questo diario è stato un perenne esercizio di messa a fuoco (p. 258).

Non c’è comicità senza educazione (p. 260).

Alcune malattie, per il terrore che suscitano, hanno il il vantaggio di farci sopportare tutte le altre (p. 260).

Privo ormai del contatto con il mondo e con me stesso, cosa viva che non ricorda di aver vissuto (p. 261).

L’enigma si sfilaccia, diventa la materia stessa del sonno e mi assorbe / L’uccello che mi ha strappato alla lettura canta nel silenzio di questa ignoranza. Peraltro non è il suo canto che ascolto, bensì il silenzio stesso (p. 263).

Embolia polmonare (p. 267).

Com’e trasparente l’aria di Parigi! Parigi non riesce mai a puzzare davvero di benzina (p. 273).

Il malato fa i conti con la propria materia. Tutto ciò che abbiamo passato la vita a nascondere e a tacere è improvvisamente qui (p. 276).

Sono una clessidra (p. 277).

Viso giovane / viso anziano = un frutto sodo e un frutto vizzo (p. 279).

Dal “non posso più” al “non ho più voglia” c’è solo un passo. Ma quel passo bisogna compierlo a occhi chiusi. Ermeticamente. Se li apriamo anche solo di pochissimo , vediamo sotto i piedi l’insondabile abisso del non essere più (p. 282).

Questi piccoli portatori di piercing sono, nel senso letterale del termine, segnati da quest’epoca disincantata (p. 285).

Guardare il corpo nudo di Nazaré significa tuffarsi nella sua pelle di ciottolo bagnato (p. 287).

Ciò che provano i resuscitati, ora lo so, è l’avvento di questo corpo esultante, fusione di tutte le età (p. 289) / Mi sarà più dolce morire in veste di resuscitato (289).

Non complicarmi la morte (289)

Ho visto progredire la malattia e la devastazione della cura (289)

Grassoegrosso (290)

Trascinate dal vento, le sue ceneri si sono sparpagliate, raccolte, sparpagliate di nuovo, hanno virato su un ala per esplodere di nuovo (p. 291) [morte di Tijo].

Il più vecchio è quello più vicino all’uscita (p. 292)

Cinema = Illusione otticosonora (p. 296).

La nostra esistenza fisica, la passiamo a esplorare una foresta vergine che è già stata esplorata mille volte prima di noi (p. 298).

Duplice solitudine di omosessuale e di vedovo ufficioso (p. 300).

Non c’e nulla di suicida, solo una valutazione erronea del reale, come se avessi perso la misura del pericolo, qualsiasi timore e peraltro qualsiasi desiderio particolare, come se la mia coscienza avesse lasciato il corpo in balia dei capricci della vita (p. 301).

Dobbiamo prestare fede ai nostri risvegli (p. 302).

I nostri morti tessono per noi i ricordi . la materia del loro corpo – questa alterità assoluta – ecco cosa avevo perduto! (p. 309).

Mi lasciavo invadere dalle immagini (311)

Sono l’epicentro della sua ciclonica indifferenza (p. 312)

Se bisogna finire, che sia a tutta velocità, nel punto più duro della salita.

Quando hai tenuto per tutta la vita un diario del corpo, un’agonia non puoi certo negartela (317)

Non ho mai considerato il mio corpo come oggetto di curiosità scientifica, non ho mai cercato di decriptarlo sui libri. Gli ho sempre lasciato la libertà di sorprendermi (p. 319).

La nostra anima è nelle nostre ossa. Mi hanno strappato a me stesso e il dolore persiste (p. 320)

Siamo fino alla fine figli del nostro corpo. Figli disorientati (p. 325).

Accelerazione e rallentamento … Mi sento come una moneta che finisce di ruotare su se stessa. / Ogni lettera è un ascensione, ogni parola una montagna (p. 332).

Adesso, mio piccolo Dodo, è ora di morire. Non aver paura, ti faccio vedere come si fa (finale: p. 333).

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