lunedì 10 ottobre 2011

Una mensola cede. Il mate bollente mi scotta le gambe e mi piovono addosso milioni di oggetti che non ricordavo di avere.
Da quando ho ben due statuette a forma di tartaruga? Sono animaletti antropomorfi, di resina pesante, entrambi serie rappresentazioni dello studio, matto e disperatissimo, con tutto il peso del guscio di passato sulla schiena. Credo siano regali di Natale, forse da parte di un’amica che ora sta costruendo una nuova vita tra le verdi colline del vino.

Tra le macerie c’è anche un elefantino con la proboscide spezzata; è di quelli che ti regalano i senegalesi all’uscita delle librerie …
Quel giorno pioveva e Anthony era appena tornato da Roma – una toccata-e-fuga prima di fare di nuovo le valigie. Non avevamo trovato un parcheggio decente e così eravamo finiti a parlare di letteratura e di Lost seduti in macchina con i rivoli d’acqua grigia che rigavano i finestrini. Ne volete uno? Un viso nero oltre il vetro
No grazie, davvero. Dai, porta fortuna. Così avrete tanti figli! Ve lo regalo. Siete proprio una bella coppia! Anthony ed io c’eravamo guardati ridendo: lui aveva una spessa linea di kajal sugli occhi levantini ed io ero già diventata l’Imperatrice Bambina …

Scavo ancora … Salta fuori una ciotolina nepalese della Bottega Solidale con dentro una candela ai fiori di cotone consumata a metà …
Me l’aveva data Alissa prima di partire definitivamente per L’Uruguay. Un Paese dimenticato. Infiniti campi di girasole e soia, e un presidente contadino e rivoluzionario … [Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l'aria di scintille.]
Era l’inverno di qualche anno fa. D fronte ha un tè alla menta fumante, lei mi aveva detto che si sarebbe trasferita a Montevideo con il suo ragazzo e mi aveva parlato dei loro progetti insieme, dell’appartamento in centro, dei bar … dev’esserci anche una foto di quel nostro incontro: io con un maglione fucsia, lei con un paio di jeans e una camicia celeste. E i suoi occhi, chiari come foglie …

sabato 8 ottobre 2011

Ni Dieu ni Maître



c'è una pagina di diario da abbinare...

martedì 4 ottobre 2011

DIARIO DENTRO UNA BOLLA

Mi chiamo Aurora. Vivo dentro una teca di vetro, come un pesc [ … E guardo il mondo da un oblò. Mi annoio un po' ...]
Ogni giorno invento piccole commissioni da sbrigare nel quartiere. Mezz’ora d’aria e d’igiene mentale.
Se finisco presto, rimango qualche minuto appoggiata a un muro e spio il viavai di persone indaffarate e la fila di macchine che sale verso la collina. Chiudo gli occhi. I raggi del sole mi sfiorano. Ancora una volta è come fare snorkeling senza maschera: le palpebre arricciate per non far passare il sale, i sensi rallentati dalla resistenza del peso specifico.
Da un po’, tutto è diventato un lavoro da suddividere in tappe che richiedono una miracolosa consapevolezza zen.
Per lavare i piatti bisogna infilarsi i guanti, schizzare una dose di detersivo verde-acido nella vaschetta di plastica da riempire d’acqua calda, prendere la spugnetta e usarla prima dal lato abrasivo e poi da quello morbido …
Per camminare: Attivare i muscoli delle gambe; Mettere un piede davanti all’altro; Calibrare il respiro contraendo e rilassando i polmoni; Dosare il ritmo in modo che il cuore continui a battere al suo posto, nella cassa toracica.
Ieri mi sarebbe piaciuto arrivare fino alla zona del vecchio mercato, accanto alla caserma. I banchi fatiscenti sono stati abbattuti e al loro posto hanno costruito un minuscolo spazio di porfido con graziose panchine finto-liberty. Pensavo di andare lì, alla fine della strada e sedermi a leggere un libro – l’ennesimo capitolo di un’avventura di pirati – ma si stava facendo sempre più tardi …