mercoledì 25 giugno 2014

SOPRAVVIVERE ALLE SERATE DANZANTI


Torno a casa.
Sull’autostrada
La macchina sbanda contro il vento;
immersa nel vento.
Un camion si accosta sulla sinistra … – Forse Cassy non dovrebbe più guidare.
… Il camion trasporta colombe bianche per un matrimonio … – Lei ha un cerotto che le annulla la visione periferica.
… Aumento il volume del mp3 player per non sentirle tubare isteriche ogni volta che una curva mette in dubbio la stabilità dei loro trespoli nella pancia della balena. Nella bocca del lupo.
Una mia amica si sta per sposare ed io non ho ancora scelto il vestito. D’altronde lo sposo si presenterà in infradito all’altare sulla prua di una nave ecologista. Se fosse la mia cerimonia vorrei quanto meno un abito da victorian lolita, ma è passato il tempo di sognare la cerimonia perfetta. Non mai avuto niente di simile all’amore. Se dipendesse da me, gli sposi indosserebbero dei costumi cosplay e la cerimonia probabilmente sarebbe officiata da Tyler vestito da suora (Cosa posso farci? Adoro gli anime a sfondo religioso e le divise dei preti-combattenti hanno un loro fascino oscuro).
E i regali? I miei amici erano eco-attivisti – di quelli che speronavano baleniere con un gommone verde – e avevano voluto solo donazioni da versare al loro movimento contro il sushi di delfino. Nella mia lista nozze ci sarebbero stati piatti di ceramica Imari e squisite biscottiere Wedgewood (“Io al massimo ti posso fare una decorazione biancazzurra lavorata all’uncinetto” mi aveva detto una volta Ondine, la mia collega, piena di creatività e di tenerezza). Avrei avuto un set di biancheria da cucina di Totoro, una radio portatile con presa USB da tenere sopra il frigorifero , un mixer multiuso sul ripiano accanto ai fornelli e uno stampo di silicone per preparare dei macarons rosa – perché non è da tutti cucinare dei dolcetti domenicali canticchiando una canzone dei Mudhoney (mi pare che il testo ripeta “La ragazzina di papà non è più una ragazzina”, o qualcosa di simile, adattandosi al momento).

A questo penso seguendo la linea continua sull'asfalto. Il cellulare vibra.
Sylvia notifica: “Sarò in Italia a novembre, non so ancora le date precise. C’incontriamo?”
Telepatia.
È stata lei la prima crisalide, quella che poi non è diventata farfalla.
Non la vedo da anni.
Ricordo che quando eravamo insieme, provavo un vago senso di disagio.
Ho sempre avuto un corpo troppo pesante per sperare di poter passare attraverso le sbarre della mia prigione.
Ora sospiro annusando l’aria che sa di nuvole, il cielo diviso a metà.
«Dài, ammetti che quando siamo in paese tu sei più serena» Non rispondo.

 Per forza di cose, là il mio cervello si spegne in assenza di gravità, lontano dal mondo degli esseri umani, in catalessi emotiva. Per non sentire l’orchestra che accompagnava la sagra della salsiccia, accendevo la radio e cercavo qualcosa da fare che mi portasse lontano, ma i miei piedi erano perennemente incollati al pavimento.
Se solo avessi potuto raggiungere il mare, tutto avrebbe avuto un senso. Ma lo specchio rideva mentre il mio corpo si gonfiava come un pallone e lei ripeteva che era fisiologico “Una reazione psicosomatica”.


Avrei voluto trasformarmi in un anacoreta che si nutre solo di lucertole. Ti ricordi Sylvia? Da bambine avevamo dato un nome al geco che viveva tra le tegole del tetto … Ora se n’è andato anche lui, ucciso dall’ennesimo inverno.

http://youtu.be/FOUDDcIsokU

venerdì 13 giugno 2014

FALSI TELAI / Domina



Giro per il soggiorno fotografando le bussole e i sestanti d'ottone lucido appesi alla parete. Questa è indubbiamente ancora la casa del Capitano, anche se le tutte le sue immagini sono state meticolosamente eliminate – il rimosso nascosto in un cassetto. Sono qui come ogni anno per i due giorni che m'incoronano sorella dell'anno ma stavolta io e mio fratello Sam apriamo finestre di dialogo inaspettate sulle sue nuove passioni: il rock e la fotografia. Lo scambio di file dura ore e passa per un complicato intrico di cavi che fanno stridere le casse mentre Margot spennella olio sui mobili del giardino, circondata dalle mosche, e Todd sistema il garage sudando a fiotti.   «Che ne dite di andarcene a prendere un aperitivo al fresco?» «Potremmo fare un giro nei boschi dell'Entroterra» In questo ferragosto appiccicoso, l'ombra sembra un miraggio. Il fuoristrada scantona sui tornati e il cane, con la testa fuori dal finestrino e le orecchie aerodinamiche sta per prendere il volo come il rago-cane Fùcur nella “Storia Infinita”, ma una sterzata brusca sbalza il corpicino contro la leva del cambio con un tonfo sordo. Primi segnali di tensione che si stemperano con una sosta a picco sull'abisso di ulivi cangianti. Ci infiliamo come esploratori nelle rovine devastate di un locale abbandonato «La polizia l'ha fatto chiudere perché era un covo di nazisti rissosi. Guardate, hanno devastato tutto!» Passiamo su cumuli di calcinacci e vetri rotti custoditi dai fondali marini dipinti sulle pareti e, mentre io immortalo la medusa che fluttua lungo una colonna, gli altri sono già immersi in un giardino selvaggio custodito da una venere decapitata. «Le hanno anche disegnato il sesso con un pennarello: che idioti» puntiamo l'obiettivo sull'oltraggio e poi risaliamo le scale bilanciandoci con le braccia larghe come funamboli.
Il paesino a cui approdiamo dopo una serie infinita di curve offre la fiaba di un cavaliere d'amor cortese istoriata nella maiolica sui muri e un mercatino festivo, presieduto dagli immancabili vecchietti da bar, ottimi per uno scatto in bianco e nero accanto alla tromba muta di un grammofono. Persino le bolle scure che mi riempiono la pancia sono piacevoli e riesco a non pensare a niente lasciando che la conversazione volteggi a mezz'aria. L'atmosfera è tornata spensierata e anche la cena in veranda ha il sapore di una quotidianità possibile, ripresa dopo un'interruzione casuale.
Sparecchiando, ci ritroviamo in cucina a sparare video dal I-phone improvvisando balletti improbabili «Sarebbe ora di andare a dormire, ché domattina dobbiamo svegliarci presto» Margot sistema il divano allineando una marea disordinata di cuscini ma non voglio perdere il filo della complicità con Sam «Beh, allora noi due andiamo di sopra. Buonanotte» dico strizzando l'occhio e incrociando le dita dietro la schiena. Raggiungiamo l'isola surreale del letto illuminato di rosso dalle lampadine rosse per provare altre canzoni sotto l'onda morbida delle lenzuola scarlatte «Ma cos'è questa, una camera oscura o un boudoir?» rido ammiccando.
Nel pomeriggio ho conosciuto i vicini: una coppia con una figlia dodicenne sottile e liscia come una canna di bambù, con i capelli color miele raccolti in una coda. Continua ad essere inevitabile che io provi invidia per la preadolescenza che non ho più e che non ho mai avuto, per la capacità spontanea di ammirare la luna e di aspettare il futuro.
... Samuel scarta argomenti imbarazzanti e ascolta i frammenti della mia piccola lezione di grunge che inizia dagli albori. Sembra convinto, con quell'entusiasmo contenuto tipico dei maschi della sua età. «Scrivimi i nomi delle band così mi cerco la discografia» Trovando uno scopo fortuito, corro veloce: vorrei condividere mille emozioni eclettiche, eclissate per un periodo infinito.  Accendo l'mp3 player del cellulare e la lista scorre aleatoria ...

Venerdì mattina saluto Margot, sconvolta dalla levataccia. Ha battagliato tutta la notte con Todd che, ostinandosi a condividere lo spazio peninsulare del salotto, adesso ronfa della grossa sdraiato di traverso mentre lei alle tre è migrata in un rifugio più tranquillo e silenzioso. Qualcosa non va. Le strutture sentimentali scricchiolano scoprendo le giunture.
Era scomparsa la ragazza magra e luminosa come un'ombra che con il suo corpo e il suo profumo si era portata via la metà di Altair – quando Al aveva deciso di diventare Tair – aveva smesso di fumare e era un po' ingrassata.
  Il caffè borbotta sul fuoco e, studiando le tracce del Capitano segretamente dissimulate, mi pare di cogliere il bandolo della proverbiale matassa.
Mary Ellis aveva smesso di parlare con lui, ma non per l'offesa di frasi goffe e crudeli; ora capisco che gli rinfacciava l'ennesima fuga – umana ma poco paterna (perché un padre dev'essere in primo luogo un supereroe) – di fronte a una figlia-mostro che non sapeva gestire, troppo affamata e taciturna.
Segno titoli e gruppi sulla lavagnetta in cucina, usando il gessetto verde appeso a un filo sul bordo dell'ardesia decorata da gatti. «Ci vediamo in un week-end di metà ottobre» Sam si è alzato e sta pulendo col dito un barattolo di Nutella per regalarmi il bicchiere delle Tartallegre, e si limita ad annuire.
Le mie cose sono pronte vicino alla porta.

Salgo sul treno con un sacchetto pieno di pomodori e melanzane del loro mini-orto. Per il viaggio, ho preso in prestito un libro dagli scaffali «Poi spediscimelo, ché devo fare la scheda entro settembre» «Vuoi che te la prepari io? Tanto a me serve comunque» Sam abbassa la voce «Se me la mandi, gli do un'occhiata» Sono contenta di essere utile in qualche modo.

 Parto più leggera, con un appuntamento quasi fissato e uno spiraglio di normalità nel cuore.

http://youtu.be/k7CPIXnaeeQ
http://youtu.be/14r7y6rM6zA