Torno a casa.
Sull’autostrada
La macchina sbanda contro il vento;
immersa nel vento.
Un camion si accosta sulla sinistra … – Forse Cassy non
dovrebbe più guidare.
… Il camion trasporta colombe bianche per un matrimonio … –
Lei ha un cerotto che le annulla la visione periferica.
… Aumento il volume del mp3 player per non sentirle tubare
isteriche ogni volta che una curva mette in dubbio la stabilità dei loro
trespoli nella pancia della balena. Nella bocca del lupo.
Una mia amica si sta per sposare ed io non ho ancora scelto
il vestito. D’altronde lo sposo si presenterà in infradito all’altare sulla
prua di una nave ecologista. Se fosse la mia cerimonia vorrei quanto meno un
abito da victorian lolita, ma è passato il tempo di sognare la cerimonia
perfetta. Non mai avuto niente di simile all’amore. Se dipendesse da me, gli
sposi indosserebbero dei costumi cosplay e la cerimonia probabilmente sarebbe
officiata da Tyler vestito da suora (Cosa posso farci? Adoro gli anime a sfondo
religioso e le divise dei preti-combattenti hanno un loro fascino oscuro).
E i regali? I miei amici erano eco-attivisti – di quelli che
speronavano baleniere con un gommone verde – e avevano voluto solo donazioni da
versare al loro movimento contro il sushi di delfino. Nella mia lista nozze ci
sarebbero stati piatti di ceramica Imari e squisite biscottiere Wedgewood (“Io
al massimo ti posso fare una decorazione biancazzurra lavorata all’uncinetto”
mi aveva detto una volta Ondine, la mia collega, piena di creatività e di
tenerezza). Avrei avuto un set di biancheria da cucina di Totoro, una radio
portatile con presa USB da tenere sopra il frigorifero , un mixer multiuso sul
ripiano accanto ai fornelli e uno stampo di silicone per preparare dei macarons
rosa – perché non è da tutti cucinare dei dolcetti domenicali canticchiando una
canzone dei Mudhoney (mi pare che il testo ripeta “La ragazzina di papà non è più una ragazzina”, o qualcosa di
simile, adattandosi al momento).
A questo penso seguendo la linea continua sull'asfalto. Il
cellulare vibra.
Sylvia notifica: “Sarò in Italia a novembre, non so ancora
le date precise. C’incontriamo?”
Telepatia.
È stata lei la prima crisalide, quella che poi non è
diventata farfalla.
Non la vedo da anni.
Ricordo che quando eravamo insieme, provavo un vago senso di
disagio.
Ho sempre avuto un corpo troppo pesante per sperare di poter
passare attraverso le sbarre della mia prigione.
Ora sospiro annusando l’aria che sa di nuvole, il cielo
diviso a metà.
«Dài, ammetti che quando siamo in
paese tu sei più serena» Non rispondo.
Per forza di cose, là il mio cervello si
spegne in assenza di gravità, lontano dal mondo degli esseri umani, in
catalessi emotiva. Per non sentire l’orchestra che accompagnava la sagra della
salsiccia, accendevo la radio e cercavo qualcosa da fare che mi portasse
lontano, ma i miei piedi erano perennemente incollati al pavimento.
Se solo avessi potuto raggiungere
il mare, tutto avrebbe avuto un senso. Ma lo specchio rideva mentre il mio
corpo si gonfiava come un pallone e lei ripeteva che era fisiologico “Una
reazione psicosomatica”.
Avrei voluto trasformarmi in un
anacoreta che si nutre solo di lucertole. Ti ricordi Sylvia? Da bambine avevamo
dato un nome al geco che viveva tra le tegole del tetto … Ora se n’è andato anche
lui, ucciso dall’ennesimo inverno.
http://youtu.be/FOUDDcIsokU
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