mercoledì 21 dicembre 2011

TODOS SOMOS MIGRANTES



Qualsiasi discorso sulla globalizzazione dovrebbe cominciare con le parole “Todos somos migrantes”. Oggi si contano circa 215 milioni di migranti di prima generazione, il 40 per cento in più rispetto al 1990. La rapidità dei trasporti e l’innovazione dei sistemi di comunicazione hanno incrementato il volume di un flusso che, in sordina, attraversa da millenni la storia dell’umanità. Nessuna nazione può dirsi immune dal fenomeno d’ibridazione che deriva da questi incessanti spostamenti
Per Andrea Chiappori, della comunità di Sant’Egidio, ognuno è esule di fronte alla grandezza del mondo, ognuno è chiamato a ricostruire il proprio Io basandosi una sequenza di partenze e ritorni. L’idea è riassunta perfettamente nel logo della Secretaría Nacional del Migrante (SENAMI), un organismo che si occupa del supporto degli ecuadoriani all’estero: sei uomini incorniciati da due frecce che s’inseguono in un’ellissi.
Come ha fatto notare Esther Cuesta, la Console ecuadoriana a Genova, all’apertura delle iniziative per la Giornata Internazionale dei Migranti, anche gli italiani sono stati stranieri in terra straniera e hanno saputo contribuire alla crescita economica e sociale dell’America Latina.
I ruoli si sono invertiti. Il capoluogo ligure ospita la più grande comunità sudamericana d’Europa ma, a vent’anni dall’arrivo dei primi latini in città, sembra che esistano ancora degli altissimi muri divisorî. Le associazioni lavorano alacremente per migliorare la situazione delle zone più popolose – Sampeirdarena, Staglieno, Pontedecimo – e l’operato dei mediatori nelle scuole e nelle carceri è fondamentale per ascoltare la vera voce dei cittadini e conoscere tutte le sfaccettature di una realtà complessa. Ha ragione Graciela del Pino – Presidente del Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane (COLIDOLAT) – quando dice che, se non si può negare che ci sia una certa percentuale di giovani che causano problemi, ci sono anche tanti, tantissimi ragazzi onesti e meritevoli e famiglie che si spendono per lo sviluppo di una società più ricca e più equa. A queste persone andrebbero riconosciuti gli stessi benefici concessi agli italiani: perché deve essere così difficile ottenere la cittadinanza o aprire un negozio? Perché i forestieri non possono votare, almeno nelle elezioni amministrative? Nessuno di loro dimentica che ai diritti corrispondono dei doveri e su questo tema interviene a sorpresa anche il Senatore Enrico Musso, candidato sindaco per il 2012 con la lista Liberi Insieme; e al microfono riassume i contenuti della lettera che apre la pagina del suo sito internet: Genova e la Liguria devono riscoprire la loro vocazione rivoluzionaria, il desiderio di rinnovamento, lo spirito di sacrificio …
In questo i migranti possono essere un valido aiuto. Un recente studio ha dimostrato che chi ha viaggiato all’estero è più creativo, tuttavia le parole di Musso, economista liberale, non sembrano volersi riferire alla possibilità di stabilire reti di solidarietà concrete e suonano più come uno spot elettorale non troppo accurato.
Tutti pagano le tasse e rispettano il territorio, ma non sono rappresentati: gli organismi statali si sono dimostrati assenti o incapaci di intervenire in modo adeguato e i media spesso lasciano spazio solo alle notizie di cronaca nera. Per molti mezzi d’informazione, Mor Diop e Modou Samb, i due senegalesi uccisi da un razzista a Firenze, non hanno neppure un nome. Qui, nella bella sala bianca del Circolo degli Ufficiali, ci si alza per un minuto di silenzio.
L’indifferenza generale verso chi arriva da fuori è chiaramente il prodotto di una precisa politica di livellamento delle coscienze, non una strategia tecnica – resta quindi da vedere come agirà il governo Monti: se sarà possibile cancellare il ricordo della Bossi / Fini e del reato di clandestinità e l’ultima mostruosità, il permesso di soggiorno a punti.
Complice la famigerata crisi economica, la diffidenza degli italiani nei confronti degli “Altri” pare aumentata recentemente, ma Antonio García (Presidente della USEI) e Lorenzo Taddei, un medico argentino che lavora al Pronto Soccorso di Voltri, sottolineano che spesso manca la volontà di partecipare concretamente al processo d’integrazione. “Integrarsi” non significa “inserirsi”, trovare una nicchia confortevole nella quale isolarsi. Secondo Ángel Singre, fondatore del Comité Casa del Migrante Ecuadoriano, per creare un terreno d’incontro serve in primo luogo la sinergia tra le istituzioni locali, i governi americani e le organizzazioni; ma soprattutto gli stranieri devono entrare come singoli nel tessuto della società civile, impegnarsi nel volontariato …
Dalla tavola rotonda emerge che la speranza viene dal basso, e in particolare dai bambini e da un’esperienza scolastica e quotidiana capace di plasmare un nuovo modello di convivenza multiculturale e flessibile.

PETER PAN nei Giardini di Kensington


Dimenticate per un attimo la melassa disneyana e la tenera Trilly bionda modello Barbie. Il capolavoro di James Matthew Barrie è un viaggio di formazione in cui il dubbio e il tema dell’identità sono i cardini della crescita spirituale e umana. Chi è davvero Peter Pan? Lui è la gioventù, è la gioia, il simbolo dell’innocenza più pura (quella dei bambini), completamente autoreferenziale, spontanea e inconscia. La vera domanda che nasce storia dopo storia è chi siano davvero i nemici: certo, i pirati comandati da Uncino sono temibili e rappresentano il lato repressivo dell’ordine costituito, ma anche Wendy agisce secondo gli schemi sociali della buona borghesia inglese. La piccola imita i modelli conosciuti e si trasforma in una guida per orientarsi nella più grande delle avventure, quella della vita quotidiana scandita dal tempo. Sull’Isola Che Non C’è – un microcosmo che si concretizza con la violenza di un sogno che diventa realtà – non sembra esistere una sequenza spaziale e cronologica coerente: nello stesso ambiente convivono (non pacificamente) indiani e pirati, sirene e fate, i cambiamenti nello scenario e nei personaggi sono solo superficiali e trascurabili (gli spiritelli muoiono, ma ci sono sempre nuove nidiate e il ricordo delle creature scomparse si cancella in fretta)
Persino lo scorrere delle ore è flessibile e funzionale allo sviluppo di azioni rocambolesche, ma l’arrivo di una mamma – e quindi di un sistema affettuoso di regole – genera una routine ciclica che inquadra anche Peter nel ritmo delle giornate e delle stagioni.
Tutti hanno bisogno di una madre ma non tutte sono buone: Peter aveva provato a tornare alla sua vecchia casa ma aveva trovato la finestra chiusa e la sua stanza occupata e si era sentito abbandonato; al contrario i signori Darlings tengono sempre le imposte spalancate in attesa del ritorno dei figli e accolgono con entusiasmo gli orfanelli che decidono di lasciare Neverland, divenendo parte dei meccanismi del mondo.

mercoledì 7 dicembre 2011

SPECULAZIONI VERDI


Visto che si profila all’orizzonte un nuovo aumento del carburante, penso sia eticamente necessario scrivere qualche commento. Voglio dire, da stamattina avevo intenzione di raccontarmi il mio ultimo, scioccante impatto con il banco ortofrutta del supermercato …
CONFESSO!
Ieri sera (ore 21 circa) ho spinto il carrello nei corridoi semi-vuoti e ben refrigerati, ho preso il guanto e il sacchetto di plastica e ci ho messo dentro due pere giapponesi e una comunissima williams.
L’idea era di bossarmela e risparmiare sul prezzo digitando il numero della pera nostrana, ma ho avuto una sorpresa allarmante: non era il nashi di per sé ad essere caro in quanto ricercatezza esotica, tutto sembrava triplicato in maniera assolutamente irragionevole: se il frutto orientale costava 2.60, quelli italiani si aggiravano intorno ai DUE EURO!!!

Trovo che questa situazione sia scandalosa, soprattutto se consideriamo che gli agricoltori lasciano marcire i prodotti sulle piante perché raccoglierli non è più conveniente. La domanda è : a chi giova il rincaro dei generi alimentari e le oscillazioni delle scorte nei Paesi industrializzati? Secondo i giornali inglesi, si accumula sempre meno grano e l’Inghilterra si appresta a coltivare più cibo. Ma è questa la risposta giusta, quando sappiamo che gli sprechi sono all’ordine del giorno nella catena di distribuzione? Non sono in grado di dirimere complesse questioni economiche, ma pare che dietro allo scambio di contratti future (con cui ci s’impegna a comprare o vendere una certa merce entro una data stabilita) sui generi alimentari e sul biocarburante sia di circa NOVE MILIARDI DI EURO. Di fronte a un simile capitale virtuale, gli speculatori non guardano di certo i “pochi spiccioli” che escono dalle tasche dei cittadini. Credo sia un gioco pericoloso perché sottrae beni fisici undispensabili per privilegiare il mondo fittizio della finanza. Forse è utopistico parlare “dell’indice della felicità” di Sen e Latouche ma oggi si sente il bisogno di sognare un po’ per sfuggire a quello che viene spacciato per pragmatismo e serve solo a mascherare il vuoto circolo vizioso degli affari. Non riesco a capire chi possano essere i misteriosi imperatori di derrate agricole che destabilizzano il mercato interno, ma stavolta non si può incolpare la Cina: pur estendendo un monopolio al limite della legalità (e della decenza) sulle risorse idriche della regione, il Dragone è stato colpito da pesanti siccità che ne hanno compromesso il rendimento nel settore primario. Gli “invasori” del nostro mercato non sono gli asiatici, almeno non direttamente. Mai come in questo caso, si rivela corretta la Teoria della Farfalla: le grandi compagnie legate a Pechino si stanno gradualmente impossessando dei diritti sulle immense piantagioni destinati al combustibile “verde” in America Latina e in Indonesia, e questo non può che destabilizzare gli equilibri mondiali dei prezzi per il trasporto e la produzione di beni di consumo.
Ornando però ai piccoli problemi di casa nostra, se si osserva una cartina, ci si accorge che una delle zone più floride negli ultimi tempi è l’Europa dell’Est, dove – tra l’altro – il costo della manodopera si mantiene basso.
Non so se le mie conclusioni sono minimamente plausibili ma qualcuno si ricorda i reportage sul PECORINO ROMANO … RUMENO? E poi ci sono le arance e le fragole dalla Spagna, le pere cilene e gli asparagi peruviani, legati a mazzi con un bell’elastico viola …

martedì 6 dicembre 2011

MUSICA E ORIENTE



Un’esplosione di motivi vegetali brillanti che si trasformano in glifi astratti e musicali, volti giapponesi che raccontano la gioia, il rapimento, la fuga che nasce e s’irradia da una melodia immaginata. Musica e Oriente richiama le suggestioni della New Wave nipponica più recente ma è di una promettente artista italiana, Serena Baretti. Globalizzazione degli stili? Se volessimo reinventare le categorie dell’antropologia contemporanea potremmo forse parlare di "style-scapes", nel seno più positivo del termine. La scia grafica del suono unisce i tre personaggi in un unico insieme; l’evoluzione dei segni da note a foglie testimonia il legame di continuità tra natura e cultura (e viceversa); la tecnica mista, così ricca di glitter e colori forti accanto al bianco e nero delle foto, esalta la qualità pop dell’opera e la rende quasi tropicale e accentua un altro apparente contrasto pacificato: quello tra passato e presente, tra memoria e modernità.

An explosion of brilliant floral motifs that are transformed into abstract glyphs and music, Japanese faces that tell the joy, the rapture and the flight that radiate from a melody is born and imagined. Musica e Oriente recalls the charm of Japanese New Wave but is a work by a promising Italian artist, Serena Baretti. Globalized styles? If we wanted to reinvent the categories of contemporary anthropology perhaps we could talk about "style-scapes", in positive terms The graphic wake of sound combines the three characters in a single set, the evolution of signs from notes to leaves witnesses the link of continuity between nature and culture (and vice versa), the mixing of techniques, so full of glitter and bright colors, side by side with the black/white photos enhances the pop quality of opera, making it almost tropical, and emphasizes another more peaceful apparent contrast: between past and present, between memory and modernity.

lunedì 5 dicembre 2011

PRIGIONI DEL QUOTIDIANO. commento dell'artista

Pubblico il commento di Dewi alla sua foto

Ognuno ha le sue gabbie.... e nn è solo una questione di casalinghe disperate ma un po di tutte le prigioni mentali che uno si crea: il lavoro ,(di per se) e anche il fatt...o che dovrebbere essere di sucesso ben pagato o perlomeno molto figo,l'identità di genere ,i ruoli nella coppia ,le responsabilità da persone adiulte,i 'hai 30 anni ,ma nn ti vergogni',il dover essere simpatici ,brillanti, intelligenti, creativi ,disponibili ,premurosi ma anche affascinanti,attraenti,attivi,sportivi,impegnati ,ambiziosi.pieni di volonta di potenza e amore per l umanita,carita cristiana,stoicismo,epicureismo e etica del lavoro protestante cn un pizzico d yoga e new agecol portafoglio gonfio,col culo sodo e il lcazzo possente e il q.i. pure. etc etc

L'ABBRACCIO


L’Abbraccio di Tommaso Arscone vince il primo premio per la pittura al SaturaPrize 2011. È un esempio di come i riconoscimenti possano andare ancora alle persone di talento.
Questo lavoro sorprendente ha la stessa forza provocatoria e plastica di una foto di Mapplethorpe.
Solo leggendo la didascalia si scopre che è un olio. L’artista ha usato la pelle per rendere al meglio la materialità del soggetto: un abbraccio sensuale e riflessivo. L’uomo ripreso di spalle si avvolge la testa con una mano, quasi a voler trattenere pensieri sfuggenti, mentre con l’altra si tocca una spalla per sottolineare la volumetria di muscoli ben definiti. Altre due mani stringono il busto nero e nudo. Ma non si vede nessun viso. Il tema centrale dell’opera non è quindi l’incontro, quanto piuttosto la solitudine e l’introspezione egocentrica necessaria in qualsiasi rapporto.


L’Abbraccio by Tommaso Arscone won at the SaturaPrize for painting. It is an example of how awards can prize talented people.
This work has the same plastic and provocative power of Mapplethorpe’s photos.
Only by reading the caption you discover that it is an oil painting. The artist has used the skin to make the most of the materiality of the subject: a sensual and reflective hug. The man portrayed from the back wraps his head with one hand, as if to retain fleeting thoughts, while the other touched his shoulder to emphasize the volume of well-defined muscles. Other two hands hold the black and nude torso. But you do not see any face. So the central theme is not “the encounter”, but rather a self-centered solitude and introspection needed in any relationship.

domenica 4 dicembre 2011

Milk Trailer Italiano



SEAN PENN si conferma nella mia personale classifica degli attori! :)

LE PRIGIONI DEL QUOTIDIANO




The bell jar hung, suspended, a few feet above my head. I was open to the circulating air. (Sylvia Plath)

Si siede sul letto e sospira. Ha passato la mattina a riordinare la casa. Il pranzo è nel forno. Vorrebbe dei tulipani bianchi e rossi da mettere nel vaso in ingresso ma da troppo tempo lui non le porta dei fiori, e comprarseli da sola, come fosse un regalo, le sembra squallido. A essere onesta, non sa nemmeno se suo marito tornerà a mangiare. Da mesi ormai si ferma al lavoro: un panino veloce davanti alle pile di carte da compilare. Tarda persino la sera. Rientra che è già buio, quando lei si è già infilata il pigiama e sta sonnecchiando sotto le coperte, davanti alla tv. Non le dà un bacio. Non le dice nemmeno buonanotte.
La persiana in camera è chiusa. Attraverso le imposte, si vedono i panni che ha appena steso. La camicia bianca col colletto inamidato e la cravatta per la riunione con la direzione aziendale e le mutandine di pizzo rosa che lei aveva provato a indossare una volta, per riaccendere la fiamma dell’allegria coniugale. Non erano mai stati una coppia perfetta, modello Mulino Bianco, ma i primi anni c’era la scintilla della complicità giocosa ed erano felici.
Il pulviscolo filtra nell’aria sorretto da una lama di luce. Le finestre del condominio di fronte sono piccole e anguste sulla facciata giallo uovo. Ricordano un po’ quelle di un carcere.
Adesso tutto era diventato piatto e malinconico, quasi malato. Eppure non riuscirebbe a pensare la sua vita senza di lui, lontana da lì.
Le dita si fermano sul manico del piumino scaccia-polvere. La donna lo aveva poggiato sul comodino, accanto alla presenza muta del telefono.

Queste sono le sensazioni che nascono davanti alla foto Le Prigioni del Quotidiano di Dewi Mustopo, premiata al Saturaprize 2011. Nessuna retorica, per far riflettere sulle gabbie della normale tranquillità.

sabato 3 dicembre 2011

THE ENDLESS ODYSSEY FROM LIGURIA TO EMILIA


Se dovete prendere il treno, prima di mettervi in viaggio controllate con estrema attenzione il sito di Trenitalia. Non si sa mai che, accuratamente nascosto e rimpicciolito in mezzo ai banner pubblicitari ci sia anche un timido avviso di sciopero.
Domenica la stazione di Genova Brignole era un deserto in cui restava solo la presenza fredda delle macchinette automatiche (con un touch screen talmente duro da dover essere quasi preso a pugni!). in compenso la biglietteria di Principe era una bolgia, con decine di malcapitati infuriati o rassegnati che si accalcavano sulla porta della sala informazioni. I trasporti locali erano tutti soppressi per delle misteriose “variazioni”. La voce registrata si scusava per il disagio e tanti saluti ai diritti dei cittadini; l’unica opzione era salire su una Freccia, pagando un supplemento.
Già questo mi pare allucinante. Nell’era degli spostamenti globali in cui i confini dovrebbero essersi cancellati, non sono tollerabili abusi del genere.
Avendo un colloquio lunedì mattina a Modena (il fatto che alla fine abbia scoperto che era a Reggio Emilia ha poca importanza), io dovevo partire e avevo valutato tutte le soluzioni prima di acquistare i biglietti, proprio per evitare di spendere un patrimonio. Non ho scelto io di usare gli intercity. Certo, un piccato ferroviere mi ha fatto notare che avrei potuto aspettare fino alla fine delle irregolarità, verso le nove di sera. Erano le tre del pomeriggio. L’idea che il tempo delle persone valga meno di zero per le logiche aziendali è opprimente, oltre che offensiva. Avete presente Momo di Michel Ende o i progetti nati dal basso di “Banca del Tempo”. Non sono un economista e il mio cervello si spegne anche solo a sentir parlare di SPREAD, BOT, BTP e BUND tedeschi (non so nemmeno se ho scritto correttamente!), non sono in grado di dire se la crisi sia davvero un’occasione per costruire qualcosa di nuovo, come sostengono gli economisti di una scuola troppo utopistica. Penso però che non sia salutare dimenticare il lato umano del mondo a favore dei numeri. I lavoratori che domenica protestavano contro gli stipendi bloccati e le tredicesime inesistenti hanno assolutamente ragione ma i cittadini comuni, che a loro volta lottano per arrivare alla fine del mese e magari quest’anno dovranno tagliare sui regali di Natale, non sono diversi e non dovrebbero pagare.
Non dovrebbero pagare né in termini di costi morali né sborsando dei soldi per rimediare in qualche modo a un disservizio.
Era stato annunciato che non sarebbero state elevate contravvenzioni per i biglietti comprati a bordo dei treni circolanti e che le maggiorazioni intercity sarebbero state contenute.
Nessuna pietà, nessuno sconto. Quando eravamo ormai alle porte di Parma, il controllore ci consegna una cedola: 30 euro extra; e la multa scatta anche per la ragazza che siede accanto a me e che è costretta a tirare fuori 10 euro per gli ultimi cinque minuti di tratta! Si applica il regolamento: l’azienda aveva rifiutato la richiesta di non elevare contravvenzioni. Il dubbio è che la legittima protesta dei lavoratori sia stata sfruttata per batter cassa e riempire carrozze (troppo) climatizzate che di solito sono desolatamente semi-vuote. Sono quasi sicura che questa rapina non servirà ad adeguare i salari né a migliorare la sicurezza o l’efficienza della rete; no, finiranno nelle tasche degli imprenditori che così potranno permettersi l’ennesimo maglione di cashmere e un paio di cravatte firmate.
A questo punto un reclamo è obbligatorio, almeno dal punto di vista etico. E se fossi pignola chiederei anche il risarcimento per il taxi che ho dovuto prendere essendo giunta a destinazione con un’ora di ritardo sulla mia tabella di marcia, quando ormai nella sonnacchiosa Modena gli autobus avevano smesso di girare … Ma nel nostro Paese, sempre più nelle mani di privati affaristi, la voce della gente resta soffocata, zittita dal cigolare degli ingranaggi.
Vi racconterò in seguito come prosegue la storia …

giovedì 1 dicembre 2011

CHE FINE HANNO FATTO I GIOVANI INDIGNATI?


Ho letto un articolo molto interessante. Si osservava che oggi il modello democratico occidentale è in crisi, schiacciato dal potere strisciante degli imperi mediatici e finanziari. Considerando gli ultimi eventi sullo scacchiere europeo e mediterraneo e le numerose interconnessioni a livello internazionale, mi domando che fine abbiano fatto gli indignati.
Mariano Rajoy, con il suo programma di austerity conservatrice ha trionfato in Spagna. Certamente Zapatero non ha saputo navigare nel mare della crisi. Ha fatto scelte sbagliate e ha pagato. Le elezioni anticipate hanno spazzato via il Psoe, che ha perso quasi quattro milioni e mezzo di voti. ma ne valeva davvero la pena? Il Partito popolare ha vinto in 11 delle 17 provincie. Unico baluardo rimangono la Catalogna e il Paese Basco, forse intimoriti dalla promessa elettorale di ridurre le autonomie locali insieme ai pesanti tagli alla spesa pubblica. Qualche sacrificio è necessario. Che dire però dell’aumento della flessibilità sul lavoro (da tradurre in un maggior precariato salariale e sociale) e le restrizioni alle leggi sull’aborto e sulle unioni omosessuali (con le centinaia di gay in fila davanti ai municipi, per sposarsi prima dell’approvazione di nuove norme)? Che fine hanno fatto i giovani di Puerta del Sol?La scelta del governo socialista iberico ha un alto profilo etico. Se le condizioni nazionali si fanno davvero critiche è bene tornare a consultare il popolo: è questo il paradigma che dovrebbe essere implicito in qualsiasi forma di democrazia. Ma quando il premier greco Papandreaou ha cercato di indire un referendum, è stato criticato e costretto a lasciare l’incarico. Il voto avrebbe rischiato di portare al collasso del sistema. Nel mondo retto dalle agenzie di rating e dalle banche non c’è spazio per la libertà decisionale. Che fine hanno fatto i giovani di Atene?
Intanto la borsa italiana oscilla paurosamente, con picchi negativi che minacciano la stabilità della famosa eurozona (un’entità mitica che sempre più somiglia a una specie di Gotham City virtuale).
Nessun atto di buongusto diplomatico da parte del Cavaliere Mascherato. Montecitorio è ora in mano a un governo tecnico (transitorio?). Una contraddizione interna: un governo non dovrebbe essere SEMPRE tecnico, ossia competente? Monti, uomo misurato e quasi noioso se comparato con le biografie da noir d’appendici dei parlamentari degli ultimi anni, guiderà una squadra di bocconiani dal passato amministrativo nelle istituzioni finanziarie. L’impressione è che, di là della credibilità di facciata (che forse risalirà dalla china in cui era precipitata), ben poco cambierà. Il capitale continuerà a imporre le proprie regole sulla politica. Che fine hanno fatto gli effimeri Draghi Ribelli?
Chi cerca di sfidare le grandi corporazioni e i mezzi d’informazione servili, ha vita breve. Dopo mesi di lotte e repressioni il sindaco di New York, Michael Bloomberg è riuscito a far sgombrare Zuccotti Park. Quelle che Chomsky ha definito “plutocrazie sostenute dal benessere” regnano ancora indisturbate e le mille anime del movimento americano non hanno avuto la forza reale di sovvertire l’ordine. Forse il dibattito sul welfare, la disoccupazione, le guerre andrà avanti oltre la protesta, ma non valicherà i confini retorici delle assemblee di anarchici in cui si discute per ore se due persone siano già un gruppo. Che fine hanno fatto i giovani di Occupy?
Le voci dal basso non arrivano a farsi sentire e sono sempre meno rappresentate dalle istituzioni sovranazionali che gestiscono i flussi di una corrente di denaro invisibile e beni fittizi. Il disegno virtuoso si sta deteriorando rapidamente.
Dopo lo scoppio delle rivolte della Primavera Araba, l’Egitto è ripiombato nella spirale della violenza di Stato. O magari non ne era mai uscito. I vertici militari erano al fianco di Mubarak e oggi detengono sia la funzione legislativa sia quella esecutiva. Non ha nessun interesse a smantellare i meccanismi di corruzione: i magistrati responsabili dei brogli elettorali non sono stati rimossi e i ministri che hanno spalleggiato l’ex presidente saranno giudicati da un tribunale civile equo, mentre ai rivoluzionari arrestati negli scontri sono state imputate accuse pretestuose che verranno valutate da commissioni speciali. Due pesi e due misure. Dove finiranno i giovani di Piazza Taharir?
Lo stessosta avvenendo in Yemen. Il presidente Saleh lascia la poltrona al suo vice. Pare che i vecchi regimi siano duri a morire. Non si sa quale sia la ricetta vincente. La “decrescita felice” è un’utopia che non può resistere alla prova dei fatti. Le piccole realtà radicate sul territorio, con una vocazione globale e tentacolare sono l’unica possibilità, ma manca la scintilla che tenga legati i nodi della rete.