sabato 3 dicembre 2011

THE ENDLESS ODYSSEY FROM LIGURIA TO EMILIA


Se dovete prendere il treno, prima di mettervi in viaggio controllate con estrema attenzione il sito di Trenitalia. Non si sa mai che, accuratamente nascosto e rimpicciolito in mezzo ai banner pubblicitari ci sia anche un timido avviso di sciopero.
Domenica la stazione di Genova Brignole era un deserto in cui restava solo la presenza fredda delle macchinette automatiche (con un touch screen talmente duro da dover essere quasi preso a pugni!). in compenso la biglietteria di Principe era una bolgia, con decine di malcapitati infuriati o rassegnati che si accalcavano sulla porta della sala informazioni. I trasporti locali erano tutti soppressi per delle misteriose “variazioni”. La voce registrata si scusava per il disagio e tanti saluti ai diritti dei cittadini; l’unica opzione era salire su una Freccia, pagando un supplemento.
Già questo mi pare allucinante. Nell’era degli spostamenti globali in cui i confini dovrebbero essersi cancellati, non sono tollerabili abusi del genere.
Avendo un colloquio lunedì mattina a Modena (il fatto che alla fine abbia scoperto che era a Reggio Emilia ha poca importanza), io dovevo partire e avevo valutato tutte le soluzioni prima di acquistare i biglietti, proprio per evitare di spendere un patrimonio. Non ho scelto io di usare gli intercity. Certo, un piccato ferroviere mi ha fatto notare che avrei potuto aspettare fino alla fine delle irregolarità, verso le nove di sera. Erano le tre del pomeriggio. L’idea che il tempo delle persone valga meno di zero per le logiche aziendali è opprimente, oltre che offensiva. Avete presente Momo di Michel Ende o i progetti nati dal basso di “Banca del Tempo”. Non sono un economista e il mio cervello si spegne anche solo a sentir parlare di SPREAD, BOT, BTP e BUND tedeschi (non so nemmeno se ho scritto correttamente!), non sono in grado di dire se la crisi sia davvero un’occasione per costruire qualcosa di nuovo, come sostengono gli economisti di una scuola troppo utopistica. Penso però che non sia salutare dimenticare il lato umano del mondo a favore dei numeri. I lavoratori che domenica protestavano contro gli stipendi bloccati e le tredicesime inesistenti hanno assolutamente ragione ma i cittadini comuni, che a loro volta lottano per arrivare alla fine del mese e magari quest’anno dovranno tagliare sui regali di Natale, non sono diversi e non dovrebbero pagare.
Non dovrebbero pagare né in termini di costi morali né sborsando dei soldi per rimediare in qualche modo a un disservizio.
Era stato annunciato che non sarebbero state elevate contravvenzioni per i biglietti comprati a bordo dei treni circolanti e che le maggiorazioni intercity sarebbero state contenute.
Nessuna pietà, nessuno sconto. Quando eravamo ormai alle porte di Parma, il controllore ci consegna una cedola: 30 euro extra; e la multa scatta anche per la ragazza che siede accanto a me e che è costretta a tirare fuori 10 euro per gli ultimi cinque minuti di tratta! Si applica il regolamento: l’azienda aveva rifiutato la richiesta di non elevare contravvenzioni. Il dubbio è che la legittima protesta dei lavoratori sia stata sfruttata per batter cassa e riempire carrozze (troppo) climatizzate che di solito sono desolatamente semi-vuote. Sono quasi sicura che questa rapina non servirà ad adeguare i salari né a migliorare la sicurezza o l’efficienza della rete; no, finiranno nelle tasche degli imprenditori che così potranno permettersi l’ennesimo maglione di cashmere e un paio di cravatte firmate.
A questo punto un reclamo è obbligatorio, almeno dal punto di vista etico. E se fossi pignola chiederei anche il risarcimento per il taxi che ho dovuto prendere essendo giunta a destinazione con un’ora di ritardo sulla mia tabella di marcia, quando ormai nella sonnacchiosa Modena gli autobus avevano smesso di girare … Ma nel nostro Paese, sempre più nelle mani di privati affaristi, la voce della gente resta soffocata, zittita dal cigolare degli ingranaggi.
Vi racconterò in seguito come prosegue la storia …

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