mercoledì 21 dicembre 2011

TODOS SOMOS MIGRANTES



Qualsiasi discorso sulla globalizzazione dovrebbe cominciare con le parole “Todos somos migrantes”. Oggi si contano circa 215 milioni di migranti di prima generazione, il 40 per cento in più rispetto al 1990. La rapidità dei trasporti e l’innovazione dei sistemi di comunicazione hanno incrementato il volume di un flusso che, in sordina, attraversa da millenni la storia dell’umanità. Nessuna nazione può dirsi immune dal fenomeno d’ibridazione che deriva da questi incessanti spostamenti
Per Andrea Chiappori, della comunità di Sant’Egidio, ognuno è esule di fronte alla grandezza del mondo, ognuno è chiamato a ricostruire il proprio Io basandosi una sequenza di partenze e ritorni. L’idea è riassunta perfettamente nel logo della Secretaría Nacional del Migrante (SENAMI), un organismo che si occupa del supporto degli ecuadoriani all’estero: sei uomini incorniciati da due frecce che s’inseguono in un’ellissi.
Come ha fatto notare Esther Cuesta, la Console ecuadoriana a Genova, all’apertura delle iniziative per la Giornata Internazionale dei Migranti, anche gli italiani sono stati stranieri in terra straniera e hanno saputo contribuire alla crescita economica e sociale dell’America Latina.
I ruoli si sono invertiti. Il capoluogo ligure ospita la più grande comunità sudamericana d’Europa ma, a vent’anni dall’arrivo dei primi latini in città, sembra che esistano ancora degli altissimi muri divisorî. Le associazioni lavorano alacremente per migliorare la situazione delle zone più popolose – Sampeirdarena, Staglieno, Pontedecimo – e l’operato dei mediatori nelle scuole e nelle carceri è fondamentale per ascoltare la vera voce dei cittadini e conoscere tutte le sfaccettature di una realtà complessa. Ha ragione Graciela del Pino – Presidente del Coordinamento Ligure Donne Latinoamericane (COLIDOLAT) – quando dice che, se non si può negare che ci sia una certa percentuale di giovani che causano problemi, ci sono anche tanti, tantissimi ragazzi onesti e meritevoli e famiglie che si spendono per lo sviluppo di una società più ricca e più equa. A queste persone andrebbero riconosciuti gli stessi benefici concessi agli italiani: perché deve essere così difficile ottenere la cittadinanza o aprire un negozio? Perché i forestieri non possono votare, almeno nelle elezioni amministrative? Nessuno di loro dimentica che ai diritti corrispondono dei doveri e su questo tema interviene a sorpresa anche il Senatore Enrico Musso, candidato sindaco per il 2012 con la lista Liberi Insieme; e al microfono riassume i contenuti della lettera che apre la pagina del suo sito internet: Genova e la Liguria devono riscoprire la loro vocazione rivoluzionaria, il desiderio di rinnovamento, lo spirito di sacrificio …
In questo i migranti possono essere un valido aiuto. Un recente studio ha dimostrato che chi ha viaggiato all’estero è più creativo, tuttavia le parole di Musso, economista liberale, non sembrano volersi riferire alla possibilità di stabilire reti di solidarietà concrete e suonano più come uno spot elettorale non troppo accurato.
Tutti pagano le tasse e rispettano il territorio, ma non sono rappresentati: gli organismi statali si sono dimostrati assenti o incapaci di intervenire in modo adeguato e i media spesso lasciano spazio solo alle notizie di cronaca nera. Per molti mezzi d’informazione, Mor Diop e Modou Samb, i due senegalesi uccisi da un razzista a Firenze, non hanno neppure un nome. Qui, nella bella sala bianca del Circolo degli Ufficiali, ci si alza per un minuto di silenzio.
L’indifferenza generale verso chi arriva da fuori è chiaramente il prodotto di una precisa politica di livellamento delle coscienze, non una strategia tecnica – resta quindi da vedere come agirà il governo Monti: se sarà possibile cancellare il ricordo della Bossi / Fini e del reato di clandestinità e l’ultima mostruosità, il permesso di soggiorno a punti.
Complice la famigerata crisi economica, la diffidenza degli italiani nei confronti degli “Altri” pare aumentata recentemente, ma Antonio García (Presidente della USEI) e Lorenzo Taddei, un medico argentino che lavora al Pronto Soccorso di Voltri, sottolineano che spesso manca la volontà di partecipare concretamente al processo d’integrazione. “Integrarsi” non significa “inserirsi”, trovare una nicchia confortevole nella quale isolarsi. Secondo Ángel Singre, fondatore del Comité Casa del Migrante Ecuadoriano, per creare un terreno d’incontro serve in primo luogo la sinergia tra le istituzioni locali, i governi americani e le organizzazioni; ma soprattutto gli stranieri devono entrare come singoli nel tessuto della società civile, impegnarsi nel volontariato …
Dalla tavola rotonda emerge che la speranza viene dal basso, e in particolare dai bambini e da un’esperienza scolastica e quotidiana capace di plasmare un nuovo modello di convivenza multiculturale e flessibile.

Nessun commento:

Posta un commento