Sono seduta sulla biancheria sparsa
dentro il cassetto aperto, mentre Padre Fomanger ripete la filastrocca della Quaresima:
“Convertiti e credi nel Vangelo”/ “Ricordati che eri cenere e cenere
ritornerai”. I fedeli fanno la fila, segnati come i figli moltiplicati del
colonnello fallito. Ognuno incolla l’ostia al palato e nasconde un segreto.
Io
Non riesco a concentrarmi.
Stasera mi sono fermata da Cassie, trasgredendo le leggi non
scritte che vietano di infrangere la bolla tra pubblico e privato. Ho suonato
al campanello del suo ufficio perché lei da un po’ ignora volutamente i miei
mille messaggi che dicono “Mi sei mancata”. La porta si apre e l’esordio è come
sporcare una pagina bianca: «Sono in ansia» E avrei voluto dire: «Raccontami la
fiaba di quando mi amavi; raccontami di quando forse avrei potuto essere
felice» Sono rimasta lì, parlando di sciocchezze tra un timbro e l’altro.
Aspettavo che mi dicesse: «Ho solo perso il ricettario segreto e ho dimenticato
come si preparano le torte alla fragola, ma ho scoperto mille modi per usare i
tuoi albumi d’uovo». Sarebbe bastato anche: «Andiamo a fare un giro ché i
cinesi sono ancora aperti».
Da mesi devo comprare una cornice per la foto 30x40 che mi
ha regalato un artista della galleria e, presa dal turbine orizzontale dei
chilometri (Qualcuno a Natale mi darà un contapassi?), l’ho semplicemente
arrotolata e abbandonata sul bordo del divano. Visti i legami del tizio con la
Royal British Sociaty, penso che quel pezzo di carta lucida valga qualcosa
(come se un agente americano girasse con una maglia con scritto “I’m with the
CIA”).
Penso. Forse sarebbe bastato un caldo abbraccio per
sopravvivere nel più freddo dei reami. Cassie mi dice dei suoi colleghi che
impazziscono dietro alla compilazione dei nuovi moduli informatici.
Secoli fa ho chiesto un consiglio professionale a uno di
loro ed sono ufficialmente morta in attesa di un responso.
Punto e accapo
.
Me la sono cavata guardando i video di Marco Bianchi su
YouTube. (Rifletto: “Come posso usare la frutta secca?”) →
Tempo fa, un’amica si era stupita vedendomi bere il mio
primo “vero” caffè, grazie alle ricerche sul sito della Starbucks Corporation. Non
poteva sapere che quell’americano in tazza grande mi costava cento punture di
dolore; e avrebbe dovuto lodarmi come se avesse di fronte un’eroina
dall’armatura di cristallo fumante «Ti trovo meglio dell’ultima volta» … Avevo
controllato con le dita il mio pallore giallognolo per assicurarmi di essere
sempre la stessa.
Magari avrei avuto bisogno di qualcuno che mi dicesse: «Sei
bella come una mandorla di Almyros» ma ormai è chiaro che dovevo abbandonare
l’ideale della mamma che impasta dolci, la domenica.
Le avventure contro i misteriosi virus mandati dal ministero
mi passavano sulla testa senza sfiorare la corteccia cerebrale. Ho deciso di
aspettare che lei finisca il lavoro, che l’ultimo foglio sia riempito (click),
stampato (click) e vidimato (stomp); poi prenderò la mano per tornare verso
casa, come se non ricordassi la strada dentro il buio di novembre, perché lei
si è persa l’indicibile tramonto delle
cinque – mentre io ho annusato la trasparenza della luce color malva – e non le
resta che un cielo d’un blu oltrenotte con tre lune appese a un filo. L’unica
soluzione – la soluzione finale – è muoverci verso il presente, fidandoci alla
cieca dl pacciame sul bordo della strada - Cumuli di foglie pronti per il
compost autunnale.
E così mi ritrovo di nuovo accoccolata in mezzo ai mucchi
caotici eruttati dagli armadi.
Tolgo l’audio della
pubblicità. La voce roca e acerba di K copre i transiti
intestinali di una soubrette-ventre-piatto (I can't explain just why we lost it from
the start /Living without you girl, you'll only break my heart...).
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