Dunque che posso dire? Jane chiede se ho letto qualcosa e io
reprimo un’ onda di panico, no di terrore perché non ho nulla da rispondere. Vorrei
chiudere gli occhi, non ricordare quanto tempo ho ancora da scontare; vorrei
cancellare i discorsi sul tono muscolare e le merende fatte con un ragazza che
non conosco.
Jane, così dolce. Devo trovare argomenti di conversazione:
manga da commentare o anche solo l’anime che sto guardando in streaming usando
il telefonino perché il computer funziona poco e male. Me lo ha portato, il
piccolino, dall’ufficio ma ancora non so se potrò usarlo, o quanto meno attaccarlo
alla corrente. Ora sì, potrei dire qualcosa di interessante: Clarice Lispector
fa sempre bella figura in una libreria almeno quanto un tentativo di Italo
Svevo o l’abortito laboratorio su
Calvino al quale forse non avrei nemmeno voluto partecipare ma che, visto che
sono bloccata, mi sembra la Mecca irraggiungibile prima di qualsiasi vetta. Il gioco
letterario doveva essere un sollievo e invece è una frustrazione, dato che non
si procede che per errori e le cose da imparare sarebbero così tante da
riempire mille quaderni: non ho la pazienza né l’intenzione, solo la voglia –
adesso irrazionale – di scrivere su un artista. Mi basterebbe pescare nel web,
guardare su face book, girare su qualche blog sconosciuto e poi dare i nomi
alle mie colleghe perché guardino, capiscano, contattino ma il lavoro di
ricerca forse non è mio – riprenditi! Di chi dev’essere altrimenti.
E poi dice, Jane, se ho aggiornato i miei racconti. No, se
anche lo facessi, se avessi voglia di qualcosa che non di sbricioli e non si
sciolga come un gelato al sole, cercherei di mettere insieme parole ma,
qualsiasi cosa io scriva, si avvita su se stessa senza un costrutto e quindi
posso solo ripeterle «Oh Jane, sei così dolce!» Si è truccata per venire, un
lieve lucida labbra e un po’ d’ombretto chiaro, un dolcevita verde e i jeans. Mi
piace la sua giacca, anche se a me il marrone non sta bene, anzi mi piace
proprio per questo, perché è addosso a lei e non a un’altra e vorrei
accoglierla bene, anche se speravo che mi avesse portato la Nemirosky da
leggere – ma ci sarei riuscita? – Devo andare avanti con le pagine, impormi un
ritmo se non voglio sprofondare. Pesino le serie mi creano problemi, ma è solo
questione di ricreare una routine diversa, magari comprare una chiavetta da 16
GB e spararmi tutto Grey’s Anatomy con buona pace dei miei neuroni
scintillanti: una puntata, due. Sto guardando un sacco di documentari sulla
Rai. Penso sia giusto pagate il canone in bolletta, basta che diventi
effettivamente meno caro.
Vorrei alzarmi, andare in cucina, bere, mangiare, leggere
ancora un po’ prima che arrivi la fisioterapista. Gli esercizio mi stancano, no
mi scoraggiano anche se poi ci sono progressi e tra qualche giorno avrò un girello per muovermi in casa. Uscire?
Le conferenze? Non sono nemmeno sicura che riuscirei a prendere appunti mantenendo
la concentrazione, dato che sarebbero comunque in un’ora “da bar”. Oh quanto mi
manca il bar! Il tempo fermo dopo il lavoro, una vacanza premio che mi coccola
con un caffè.
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