martedì 3 novembre 2015

ANNIE TOO MUCH TIME


Annie, dopo mesi. Parlo, riesco a conversare, finalmente ho libri, film e serie da condividere, anche se in fondo è sempre la stessa conversazione riciclata. Ma è lei ad essere stanca, il viso provato nonostante il correttore che copre un po’ le occhiaie «Non ho un giorno libero da settembre e quando mi prendo mezza mattinata, devo comunque fare i lavori di casa; il mio ragazzo non lo vedo quasi più, solo un’oretta la sera. È come se avessi messo in stand-by la mia vita» «Ti ci vuole una vacanza lontana da tutto» «Mah, forse gennaio e febbraio saranno più tranquilli e potrò andarmi a fare un giro» . Ha amici sparsi per mezza Europa. Io non voglio pianificare niente, lascio cadere e torno a discutere di cose frivole: tutto bene. L’umore sta migliorando nel tentativo di mettere a frutto questo periodo difficile. Non so quando potrò di nuovo uscire normalmente (e la tempistica per i regali di Natale mi preoccupa non poco) ma non voglio fare previsioni perché il quasi no della fisioterapista alla mia speranza di poter andare in biblioteca l’undici novebre mi ha demoralizzata fino alle lacrime. Cassie ha fatto una comparsata ma è subito sparita in camera. Anche lei ha bisogno di riposare. Ora le notti passano (monotone come i giorni) e dormo persino per cinque ore ma mi sveglio comunque per fare pipì almeno due volte, e la devo chiamare, anche se mi dispiace «Mi riaddormento subito se non ci sono problemi» non ne sono tanto sicura ma non posso farne a meno, tutto passa in poco tempo (ormai siamo rodate) e alle 5.30 faccio colazione guardando un documentario di Rai 5. Sto imparando un sacco di cose. Soprattutto mi piacciono i documentari di viaggio e meno quelli sugli animali anche se poi resto sintonizzata per pigrizia e perché a quell’ora non c’è altro in giro. Poi mi disintossico leggendo, scegliendo ogni volta un libro un po’ più lungo. Ero partita dal giorno del trauma che la testa mi andava via in poche pagine, distratta da pensieri e ossessioni varie. Ora sono al traguardo di 320 pagine il prossimo sarà di 370. Storie leggere, coinvolgenti, ironiche. Ammaniti aiuta, poi passerò a Veronesi. Comunque con Cassie va meglio: si occupa di me a trecentosessantacinque gradi e fa anche troppo – povera donna. Lavora solo per mezza giornata e si fa sostituire dalla collega che ormai l’affianca in tutto. È questo quello che volevo? Inconsciamente forse sì. Non che mi sia fatta male apposta o che mi trovi bene in questa condizione, ma sento qualcosa di piacevole, caldo e materno ogni volta che mi porta in cucina o che deve venire a vedere se è tutto apposto. Ho un campanello che posso suonare per evitare di urlare e lei lo sente subito, senza mancare una volta. Per questo cerco di soprassedere sui piccoli incidenti e ripeto come un mantra “Non la attaccare. Non la attaccare”. Per i problemi maggiori ho ancora qualche difficoltà: errori di calcolo per lo più, o di budget. Sto provando a controllare l’impulso alla paranoia economica avendo capito che Cassie è in grado di usare praticamente di tutto dentro alle sue improbabili torte che però vengono utili quando si presentano gli ospiti della domenica, unico giorno in cui la gente non lavora. Di solito sono Sonia e suo marito e siccome sono entrambi golosi ed educati non si tirano indietro di fronte a una fetta di dolce. Io invece ho sempre il mio standard, più per abitudine e per praticità che per altro, anche se trovo varianti interessanti di cui però non sono pronta a parlare apertamente con tutti quanti (la curiosità di Sonia a volte mi mette in imbarazzo). Si fa merenda insieme e si scambiano due chiacchiere sul principale di Flavio e sugli espositori per ciglia finte, sugli ultimi scandali sanremesi e sulla birra artigianale, sui sottobicchieri e sui francobolli falsi che lui disegna per beffare le Poste. Vanno via verso le otto, quando inizia Fazio in tv. Sto cercando di disintossicarmi dalla televisione spazzatura (i telefilm del mattino fanno passare il tempo ma non hanno spessore) e guardo film sul cellulare, anche se lo schermo è piccolo e scomodo e pure venato: almeno a fine giornata mi pare di aver fatto qualcosa di buono, di aver immesso nel cervello un sapere qualsiasi.

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