Luisa.
Lavora in uno studio con il quale ho collaborato per un progetto su Alice. È
anziana ma mi trovo bene con lei e poi ieri sono riuscita a fare conversazione:
libri, arte, nuove idee. È un piacere sentirmi di un umore più umano, anche se
arrivano giorni di abbandono in cui non viene nessuno a trovarmi e dall’ufficio
tutto tace. Che Jane si sia dimenticata di me? L’idea mi terrorizza ma non mi
va di richiamarla dato che l’ho sentita solo qualche giorno fa. E comunque mi ha promesso che sarebbe passata
domenica. Mi annoto qualche argomento da condividere ora che ho finito un anime
e ne ho iniziato un altro (talmente kitsch da essere interessante. La mia
scelta è limitata, adesso che mi è venuta una specie di crisi di rigetto per il
giapponese – vorrei capire tutto, dopo gli anni passati a studiare, però non ci
riesco e mi innervosisco. Ma conto di tornare gradualmente ai cari vecchi
sottotitoli con lo stesso metodo paziente con cui sto aumentando il numero di
pagine dei romanzi finché non tornerò ad affrontare anche quelli più lunghi. Il
cervello non divaga e oltrepasso le cento pagine al giorno senza problemi, se
la storia è coinvolgente.
Anche la
gamba oggi fa meno male, anche se non azzardo previsioni sul se e sul quando
potrò in effetti uscire di casa. Spero solo di riuscirci per dicembre, in tempo
per Natale, perché l’idea di comprare tutto on line mi pare deprimete, anche se
forse sarebbe più vantaggiosa economicamente e in termini di tempo.
Dunque, mi
preparo. Faccio esercizio. Cammino avanti e indietro per l’ingresso con il
girello (almeno cinque giri di campo) e allungo le gambe. Mi dà fastidio che
Cassie si debba sempre precipitare per ogni minima cosa, se non altro perché la
vedo stanca e più passano le settimane più la prova si fa ardua, anche se non
perde mai il sorriso dolce della madre e mi chiama “Nina” e “Chicca” come
quando ero bambina. Stamattina però mi ha detto che sono prepotente perché
vorrei imporle il mio orario di colazione alle 5 mentre lei ha puntato la sveglia alle 6. Questione
di punti di vista per cui non vale la
pena di litigare (“Non attaccarla! Non attaccarla!”
Ma mi dà
davvero fastidio che Cassie sia costretta a badare a me? Non lo so. Forse è
questo che mi è mancato durante l’infanzia. Certo, la situazione ora è estrema,
sconfortante se vogliamo, e non l’augurerei a nessuno, ma essere al centro
dell’attenzione come una bimba piccola non è male, quasi avessi una seconda
possibilità con la quale ripartire e non
da zero, ma tenendo come capi saldi i lati buoni della mia vita. Con questo non
intendo dire che getterò il quaderno, i conti e la mia anoressia perché non ho
la forza, il coraggio e la determinazione per una cosa del genere, ma credo che
dopo andrò avanti in modo diverso, con una nuova consapevolezza. Se non altro
perché mi sto rendendo conto di quanto sono importanti le quisquiglie che noi
diamo per scontate: camminare, uscire, poter comprare ciò che si vuole quando
si vuole. Appena sarò fuori mi farò un regalo. Una bambola – come volevasi dimostrare
non so proprio crescere! – ispirata al Wonderland. Ho visto la pubblicità della
serie e l’ho trovato carina, molto fashion, a dire il vero, anche se un po’ me
ne vergogno.
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