Da un po’ ho realizzato che comprare un cellulare della Ericsson è stato un errore. E non solo perché pare che sia l’unico al mondo con questo stupidissimo jack a pettine, ma anche perché non si possono aggiungere nuove applicazioni a quelle fornite in dotazione (Non che mi interessi avere un allevamento di Puffi virtuali, ma un calories counter portatile mi farebbe comodo). Ad ogni modo, ormai sono dipendente da un gioco della sezione “Svaghi”. Come ha detto Kate, QuadraPop è una sorta di Tetrix ma più “animaloso”: si tratta di mettere vicini quattro cuccioli della stessa specie – gattini rossi, balenottere azzurre, lucertole verdi, pesciolini gialli o granchietti rosa – e farli scomparire, diminuendo il numero delle file e accumulando punti; dal Livello 4 al Livello 10 Sembrava che i primi livelli di difficoltà fossero stati volutamente eliminati, come se i primi passi non fossero nemmeno degni di essere menzionati.
In effetti, a pensarci, Tetrix e QuadraPop sono un po’ come la vita.
A volte i pezzi scendono lisci e gli incastri procedono senza problemi, ma ci sono momenti in cui il meccanismo sputa solo combinazioni inutili e ti viene il sospetto che in fondo l’intelligenza del computer non sia per niente random, ma autonoma e autonomamente maligna.
Ti cacci in situazioni tanto critiche che credi davvero che non ci sia più via d’uscita poi tutto si assesta e i pezzi ricominciano ad arrivare con naturalezza – gatti con gatti, quadrati con quadrati – e allora t’illudi di riuscire ancora a scavalcare il muro per vedere cosa c’è dall’altra parte (Perché sei sicuro che esista un altro mondo oltre a questo, oltre la liquidità cristallina dei tuoi mille schermi mentali), finché non aumenta la velocità dandoti meno tempo per pensare, e tutto diventa davvero ingestibile.
Ma ci sono anche giorni in cui vorresti solo rilassarti un attimo: Una partitina veloce tanto per staccare, ti dici; e invece le linee si cancellano una dopo l’altra, le bestioline sorridono e esplodono ordinatamente. I tuoi occhi si fanno sempre più pesanti e sai che dovresti chiudere ma la tentazione perversa di continuare è troppo forte e allora fai in modo di accumulare errori e formi di proposito torri sempre più alte, pericolanti come piramidi viventi di un circo e speri solo di vedere la scritta GAME OVER lampeggiare sul display. Ma quando il programma sta per arrestarsi e ti chiede sibillino se vuoi uscire o ricominciare, tu sposti il cursore e i blocchi riprendono a calare monotoni e identici.
È lo stesso in questa estate moralmente grigiastra.
Oggi è domenica ma non si nota nessun cambiamento rispetto agli altri giorni, se non un trillo più musicale nelle campane.
Ti viene in mente una poesia di Pessoa, così legato alla sua lingua, alla sua terra, al suo quartiere. E allora ti sembra di capire Cassy e il suo trafficare gioioso nell’orto – tra i pali storti della baragna )sarebbe terribilmente chic, qui, scrivere baranha, facendo passare un termine dialettale per una colta citazione lusitana!) che lo divide dal mondo esterno e le pietre sconnesse calde di sole –, e persino il suo poltrire sul per ore sul terrazzo con il naso infilato in un futile “giallo del Bacciccia” .
A quasi trent’anni ti domandi se sia legittimo che il calendario sia una susseguirsi interminabile di domeniche e ti rispondi – ancora – che la vita è proprio come il Tetrix e QuadraPop e, visti gli sbagli di strategia che hai fatto fin dall’inizio non puoi certo lamentarti di come stai conducendo il gioco.
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