«Cos’hai?» la preoccupazione di
Ondine commenta le mie occhiaie scure e mi fa tremare il cuore. Lo sguardo
scorre sull’ombra delle sue ciglia si perde in una scollatura appena accennata,
dentro le righe marinaresche di una maglia Petit Bateau – Bellezza anni Trenta,
un piccolo neo sullo zigomo; profumo di pompelmo e di gelsomino.
«Nulla che non si possa curare con una lametta
affilata» La verità è che l’indecisione mi uccide: le nuove offerte dal
rutilante mondo della telefonia intelligente mi stanno per trasformare in una
consumista assetata di applicazioni scaricabili.
Gioco con l’apertura a scatto di
un cutter.
Avrei voglia di tessere le linee
del Destino con una rete di ghirigori rossi. Disegno stigmate appuntite sul palmo
della mano (Penso: “Forse Gesù aveva la stessa abnegazione sacrificale di Sid
Vicious”). Ma ho sempre avuto orrore dei chiodi da nove pollici della
crocifissione. Ho sempre avuto paura delle unghie lunghe della strega-sadhu.
Avrei voglia di disegnarmi solchi
profondi sulle guance (Penso: “Forse la Madonnina di Civitavecchia è una
martire autolesionista”).
Avrei voglia di provare mille
punture scarlatte sulla pianta dei piedi (La corsa distratta di un fachiro
principiante).
Oggi, mentre scrivo l’ennesimo articolo da
sottoporre alle ire del Boss, la testa gira e le lettere si confondono sullo
schermo ultra-minuscolo del mio portatile troppo lento.
«Non posso darti uno spazio su internet.
Dobbiamo pensarci bene, perché poi è l’associazione a metterci la faccia,
capisci? Se tu un giorno impazzissi e parlassi benissimo dei “Pinguini Coccolosi”,
poi ci andremmo di mezzo noi. … O se ti venisse la sindrome di Tourette e di
punto in bianco mandassi un post insultando tutti ...» Fuochi d’artificio
rossi-rossi lavano l’offesa, pirotecniche secrezioni gialle-gialle purificano
il mio Ego. Qui urge un rito per punire gli insinceri.
Devo andare in bagno, sciacquarmi
il viso, guardarmi allo specchio per capire chi sono. Mary Ellis sogghigna e
non lascia correre nulla. Da un po’ è così: qualsiasi cosa faccia non è mai
sufficiente e il cumolo di arretrati diviene sempre più minaccioso e caotico
sulla mia scrivania. Non ho scampo. –
Spezzo le croste protettive, riapro ferite.
È sorprendente quanto sia rosa e
tenera la carne sotto la pelle. Qualcuno ricorda i globuli paffuti con un
marsupio sulla schiena, quelli del cartone animato sul corpo umano? Avevano
sempre un bel sorriso gentile, loro.
«Forse è meglio se vai a casa». È di nuovo
Ondine che mi sveglia dalla letargia ovattata, quasi spingendomi verso la
porta. Sì, comprerò in farmacia dei cerotti pediatrici che si abbinino con i
colori dei miei braccialetti: detesto le normali strisce di plastica che
sembrano uscite dal bancone del macellaio, mentre quelle bianche fanno sembrare
tutto più drammatico del necessario, come in una specie di documentario sul
triage. … Ma mi soffermo sull’idea di
usare una medicazione da naso: le due ali incerte di una farfalla distese sui
crateri irregolari.
Sul ponte il vento è forte e
teso. Un capannello di persone si sporgono oltre il parapetto, indicando
qualcosa tra l’erba del greto asciutto; un bambino urla: «Un cinghiale! Un
cinghiale!» e tira fuori il cellulare per condividere la foto su facebook e
garantirsi il suo quarto d’ora di popolarità. … Più avanti un uomo sminuzza due
fette di pane da buttare al cucciolo selvatico, dimenticando che non si tratta
di un’oca da giardino.
Lo Spirito della Foresta è sceso a
valle per ammonire gli umani ma ora si nasconde, stordito dalla paura.
Attraverso la scena come un’attrice fuori dal suo ruolo. – D’altronde mi ho
avuto spesso la sensazione di non riuscire a entrare nei panni che mi erano
stati assegnati.
Le cicatrici esposte pulsano contro l’aria.
Magari il mio braccio è stato maledetto com’è successo al Principe Ashitaka
condannato dalla forza sovrannaturale dell’odio. Un giorno o l’altro ucciderò
qualcuno, in preda a un raptus do lucida follia surrealista ma intanto, per
riprendermi, ho bisogno di stendermi e chiudere gli occhi … anche solo per un
secondo.
Alle otto la serratura è ancora
chiusa a doppia mandata. L’ingresso è avvolto in una luce arancione che bagna
la guzmania fiammeggiante sul carrello.
Mi butto sul letto disfatto e
provo a dormire ma da qualche parte un solerte vicino aziona un decespugliatore
trasformandosi in un moderno bandeirante da discount intento a pareggiare una
siepe di rose spinose. Il mio cervello è costretto a rimanere su “on” e accendo
meccanicamente il televisore. “Dev’esserci per forza almeno un programma
interessante nel mosaico dei pixel digitali!” La maggior parte dei canali è
oscurata da un potere demoniaco che recita “Assenza di segnale”, precipitandomi
nel blu dello schermo vuoto.
Sposto il lenzuolo.Ho lasciato
due macchioline scure / trasparenti sul sorriso buonista di Winnie the Pooh.
Mi alzo barcollando e calpesto un
pulcino di piume gialle che è caduto dal mobiletto. ne avevo comprato dieci da
regalare per Pasqua, e lui è avanzato dal mucchio. Ora mi fissa spiaccicato sul
pavimento. Triste, pigola come i suoi fratellini veri asciugati a morte dentro
un essiccatoio.
Potrei passare a salutare
Hortensia.
Sua figlia Agatha ha avuto un
bambino ma la sua pancia non si è ancora sgonfiata: nel romanzo che ho appena
finito di leggere, succede lo stesso. Magari potrei consigliarle un rito
sciamanico, la circumambulazione intorno al suono argentino delle campane sacre
o la meditazione, anche se poi nel libro la malattia viene sconfitta da
un’imprecisata diagnosi occidentale e la protagonista torna normale, senza
trovare la bellezza: non si può invertire la ruota del karma.
Intanto, per sentirmi umana, ho
comprato un pensiero per il piccolo che compirà sei mesi tra poco (Penso:
“mezzo anno è un traguardo importante”).
Premo il pulsante elettrico: «Ho
portato un regalo per Alexis» Il nome era stato un mio suggerimento, in omaggio
all’utopia entusiasmante di Zorba il Greco.
«Grazie. Che pensiero carino!»
Hortensia sorride e mi fa accomodare in cucina dopo aver chiuso le porte, per
non far scappare i gatti. Mi offre un bicchiere d’acqua, per non farmi sentire
a disagio di fronte alla cena imbandita sul tavolo.
Gesticolo stancamente commentando
la mia giornata di lavoro buttato e le solite notizie del telegiornale – Il
Papa Nero benedice colombe; in California si consuma un’altra strage di
ordinaria follia.
I ciondoli scivolano sul mio
polso lasciando scoperti i morsi del rasoio «Cosa ti sei fatta?» La domanda
cade candidamente nella conversazione, aleggiando su di un piatto di formaggi
speziati. Mi fisso le mani per un secondo. Sono tese, azzurre, magre. Le mie
mani sono foglie. «Niente che tu debba sapere». È la prima a essersene accorta,
questa volta. In passato mi era capitato di dover giustificare i buchi
inventando un incidente col motorino che non ho, ma anche in quel caso gli
occhi di chi sapeva si erano tinti di una sfumatura di preoccupazione
partecipe.
Decido di non dirle nulla di
Agatha e del ciclo delle reincarnazioni. Lei non si spinge oltre e l’imbarazzo
svia il discorso.
Di certo anche Cassy non avrebbe
la stessa reazione, se avesse il tempo di osservami da vicino, se avesse il
tempo di vedermi
Non mi posso lamentare per
questo. Se davvero percepisse la mia debolezza, una smorfia amara d’impotenza
le segnerebbe il viso, il suo affetto si colorerebbe di tonalità aggressive «In
fondo ti piace, no? Farti del male! Prego, perché non continui» mi porgerebbe
qualche arma da cucina in segno di sfida rassegnata e intanto penserebbe: “Mia
figlia è una spostata” e solo dopo arriverebbe a“Mia figlia ha un vuoto
dentro”. E, se anche mi chiedesse chiarimenti, la mia risposta sarebbe sempre
la stessa: «Non è niente che tu debba sapere»
Ho scommesso la mia vita per
diventare un fantasma - «Fino a che punto vuoi spingerti?» mi ha chiesto una
volta un’amica giapponese. «Fino a sparire …, così: “pufff”»
Sono morta.
Ero già morta quando sono
atterrata su questo Pianeta – come un pesciolino alieno fuor d’acqua.
L’altra me – quella che dice di
chiamarsi Alissa – è scomparsa nella nebbia.
http://youtu.be/IBH97ma9YiIhttp://youtu.be/NOG3eus4ZSo
http://www.youtube.com/watch?v=AvJKVKglIRs&feature=share&list=AL94UKMTqg-9AIiIsJrXBVaxCZpiEurHLK&index=1
http://youtu.be/MiNz28XML30
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