“Shakugan no Shana Second Season” si apre con una lunga
digressione che verte sul genere “scolastico”. Dopo aver sconfitto il male,
Shana e Yûji Sakai tornano alla loro tranquilla vita di liceali, circondati dai
compagni di sempre, con le loro storie d’amore. Ike, il migliore amico del
ragazzo non ha ancora trovato il coraggio di dichiararsi a Kazumi Yoshida che,
nonostante abbia scoperto l’esistenza dei divoratori di spiriti – i Tomogara –
e dei Torch – i corpi vuoti che restano come simulacri in attesa che la
fiammella dell’anima si consumi – continua a essere innamorata di Yûji e a
rivaleggiare per questo con Shana. A questo schema classico già collaudato
nella prima serie si aggiungono elementi di complessità. Con un espediente narrativo
molto abusato negli anime, una nuova studentessa
si trasferisce proprio nella classe dei protagonisti.[i]
Fumina Konoe è una strana
adolescente che, appartenendo a una famiglia molto agiata, sembra vivere
totalmente fuori dal mondo: non conosce la mensa, non sa trovare i libri nella
cartella … Anche questo è un passaggio standard in moltissimi cartoni animati,
di qualsiasi genere essi siano. Si potrebbe pensare a Haru, l’alieno di
“Tsuritama”, o a Tomoyo – l’amica benestante di Sakura (CLAMP) – ma gli esempi
più prossimi sono i personaggi di “A Certain Magical Index” (Kazuma Kamachi /
Haimura Kiyotaka): la stessa Index è una giovane suora della chiesa anglicana
che non è mai stata a contatto con le persone comuni, ma la piccola Last Order
e soprattutto la misteriosa Hyouka Kazakiri sono più interessanti per il nostro
discorso. Infatti, la prima è un prototipo sfuggito a un esperimento di
clonazione volto a potenziare le capacità offensive di un soggetto
particolarmente dotato mentre la seconda è un’entità generata dalla
concentrazione di energia psichica presente all’interno di una Città Studio in
cui si perfezionano i poteri ESP.
Nonostante le differenze nel character
design, la somiglianza con Konoe è evidente perché ciò che colpisce e insospettisce
Shana e Yûji è il fatto che Konoe sia praticamente identica a Hecate, una delle
fondatrici di Bal Masqué, l’organizzazione che raccoglie tutti i più potenti
divoratori. I tratti somatici e anche il cognome aristocratico (che significa
“guardia imperiale”) lasciano pochissimi dubbi sull’origine della nuova
compagna di scuola ma il suo rapporto con la Trinità non è del tutto chiaro;
c’è solo un indizio a guidare lo spettatore attento. Alla fine della prima
serie Hecate aveva tentato d’impossessarsi della forza vitale del “frammento
del tesoro” (“ hôgu”) racchiuso nel cuore di Yûji: il rituale è la chiara
sublimazione di un atto sessuale, esattamente come avveniva nel contatto tra
Perceiver e Receiver nel romanzo “1Q84” di Haruki Murakami. Nel libro Fukaeri
era una diciassettenne scappata da una setta nella quale era considerata una
“mother”, un’ancella capace di percepire e trasmettere messaggi. Il suo
“rapporto metafisico” con Tengo altera il sistema invisibile dei folletti
“Little People”, di solito incaricati di generare un clone – ossia una
“daughter”; analogamente in “Shakugan no Shana”, le emanazioni mentali derivate
dall’unione di Hecate e Yûji hanno plasmato Fumina che, pur avendo l’esteriorità
della matrice originale, non ne condivide l’aura magica. Senza conoscerne i
motivi profondi, la ragazza si sente subito attirata da Sakai e anche lui
sviluppa un istinto protettivo nei suoi confronti, facendo ovviamente
arrabbiare sia Shana sia Kazumi, entrambe gelose della nuova inaspettata
rivale.
Nei triangoli amorosi si aggiunge la coppia formata da Eita Tanaka e Mitake Ôgata. La loro storia, che nella prima serie era rimasta
molto defilata sullo sfondo, in queste puntate assume un certo rilievo
narrativo perché lui è uno degli aiutanti della Flame Haze Margery Daw, incaricata di mantenere l’equilibrio tra vita e morte,
mentre lei è una ragazza qualunque, spensierata e ironicamente poco femminile.
Se dovessimo cercare un riferimento “storico”, l’ideale potrebbe essere Yû
Hazuki (Mila di “Mila e Shiro”(Shizuo Koizumi / Jun Makimura): non solo Mitake
somiglia molto all’eroina della pallavolo, ma pratica proprio questo sport,
metafora della sua determinazione.
Parte di questo spirito combattivo contagia
anche lui, che resta a fare da eterno secondo al duo Margery / Keisaku fino a
quando non scopre la profondità dei proprio sentimenti e decide di abbandonare
la lotta ai poteri occulti che infestano la cittadina di Misaki per evitare di
coinvolgere persone innocenti nelle battaglie. La diversità psicologica divide
Eita dal suo inseparabile amico Keisaku che, sempre più innamorato della
provocante Margery, decide di tentare il tutto per tutto per entrare a far
parte di un’organizzazione denominata Outlaw, la quale funge da base logistica
e da supporto per le missioni dei Flame Haze in giro per il mondo. Il dilemma
morale di Tanaka, che non riesce a scegliere tra la tranquillità della vita
quotidiana e la grande sfida della lotta contro il Male, porta ad aprire una
parentesi narrativa sul passato di Margery.
Siamo a New York subito dopo la crisi finanziaria e la
bionda, che fino ad allora aveva lavorato da sola, prende sotto la sua
protezione un ragazzino che desidera affinare i propri poteri di evocatore. Yûrii Chvojka è appena arrivato dall’Ucraina
e non sa come gestire lo spirito Valac che si è manifestato dopo che la nave
sulla quale il bambino viaggiava con tutta la famiglia era stata distrutta da
un kraken[ii].
Come sempre i nomi dei personaggi sono indicativi d’interi microcosmi
concettuali: il cognome “Chvojka” rimanda all’archeologo che scoprì i resti
della cultura Zarubinsky, insediata a nord del Mar Nero tra il III secolo a.C.
e il I secolo d.C.; mentre nei testi medievali e alchemici, il demone è uno dei
signori dell’inferno, comandate di trentotto legioni.
Il flashback è molto breve ma permette una serie d’interessanti
paragoni oltre ad alcune riflessioni di carattere socio-storico. Il nemico da
sconfiggere questa volta è Annaberg un denizen dall’aspetto sinistro e
bizzarro: sotto un completo da ispettore di film noir anni Trenta, la sua testa
non ha tratti umani ma la forma di un misuratore di pressione. Il suo compito,
quindi, è di rilevare i cambiamenti che portano un’evoluzione dell’umanità, la
sua presenza è una spia degli “strappi” di cui parla lo scrittore Alessandro
Baricco nelle sue “Palladium Lectures” quando descrive i mutamente nel gusto
collettivo e qui l’Empire State Building è l’indice del raggiungimento di un
diverso grado di civilizzazione. Volendo cercare un paragone nella tradizione mitologica
(e poi visiva), l’edificio di Manhattan è simile alla biblica Torre di Babele
rappresentata da Pieter Brügel il Vecchio, trasfigurata in seguito da artisti
visionari come il polacco Jacek Yerka.
Comunque, al di là dei riferimenti alla cultura “alta”, la
finestra sulle esperienze vissute da Margery permettono di conoscere meglio il
personaggio e di tracciare alcuni possibili paragoni. Se l’atmosfera riporta
inevitabilmente agli anni ruggenti descritti in “Chrono Crusade”, la bella
Flame Haze potrebbe inizialmente ricordare Rosette, la protagonista della serie
di Daisuke Moriyama – sia nell’aspetto sia nel carattere apparentemente rude –
ma l’insieme dei tragici eventi che segnano la sua vita la avvicina di più a
Satella Havernheit, una facoltosa “jewel master” rimasta orfana dopo l’attacco
di un demone.
Infatti, la stessa sorte è toccata ai genitori di Margery,
che da allora è alla ricerca del mostro che sprigiona fiamme argentate.
L’incertezza sull’identità del nemico genera suspense e solo
in un secondo momento scopriamo la verità: il possessore di quel particolare
tipo di fuoco è proprio Yûji che custodisce in sé il gioiello chiamato Reiji
Maigo (il Bambino Sperduto di Mezzanotte), il pegno d’amore tra Pheles, uno
spirito che controlla le tempeste e un umano di nome Johann, figlio di una nobile casata.
Suo padre Georgius era un
alchimista che faceva ricerche sulla pietra filosofale e che a un certo punto
tenta di sacrificare il ragazzo. È d’obbligo una piccola digressione sui nomi
che rivelano ancora una volta la fascinazione dei giapponesi per il
romanticismo di matrice teutonica. Infatti, la coppia Pheles /Johann è un
chiaro riferimento a Marlowe o al “Faust” di Goethe in cui si racconta di uno studioso che, nella
sua spasmodica ricerca della conoscenza, evoca un diavolo stipulando con lui un
patto: l’onniscienza in cambio della propria anima. Secondo alcune fonti, la
figura tragica s’ispirerebbe a una persona realmente esistita, Johann Georg
Faust, un mago itinerante del Rinascimento tedesco.
Il fantasy soprannaturale e la vita scandita dalle date del
calendario scolastico sono uniti dall’arrivo effettivo sulla scena di Wilhelmina Carmel che nella prima
serie compariva in un lungo flash-back sull’allenamento di Shana nel Tendô-kyû
e ora invece si presenta nella città di Misaki come tutrice della ragazza. Come
già accennato in precedenza, il character design di Wilhelmina riprende il
feticismo per le cameriere-combattenti che torna in innumerevoli anime e manga
di diverso genere. [iii]
Mentre altre sue hanno dei tratti somatici più realistici, in lei i capelli
rosa sembrano voler rispettare i canoni moe,
capaci cioè di suscitare l’amore dei fan come in “Hanaukyo Maid Team”, ma senza
cadere nella trappola della facile allusione sessuale.
In un primo momento, Wilhelmina
è una persona del tutto normale che, nonostante la sua idiosincrasia per i
fornelli, si dimostra sollecita nell’accudire la sua protetta. In questa fase
il personaggio si contraddistingue in una serie di gag comiche segnate dal
linguaggio che termina ogni frase con la forma gentile del verbo, in maniera
persino esasperata[iv]. Solo
in seguito riemerge l’aspetto combattivo della governante che, con il nome di
“Manipolatrice di Oggetti” è legata allo spirito Tiamat e, indossando una maschera rituale – simile alle maschere
sciamaiche dedicate al dio-volpe – , è in grado di generare dei nastri con i
quali immobilizzare i nemici. Si tratta di un altro classico ricorrente nei
fumetti nipponici, ispirato in parte dalle leggende popolari legate all’arte
del bondage e in parte motivate da un gusto sottilmente erotico.
Nel passaggio
dal contesto reale a quello prettamente fantasy, “Shana” utilizza gli stessi
temi di “Blue Exorcist” in cui un normale studente scopre di essere discendente
di Satana e di poter sprigionare delle terribili fiamme blu e quindi decide di
mettere questa capacità demoniaca al servizio del Bene.[v]
“Shakugan no Shana” condivide con la serie di Kazue Katô anche i personaggi,
anche se le due versioni di Mefostofele sono talmente diverse da non sembrare
nemmeno paragonabili: in “Ao no Exorcist” Mephisto Pheles, che in pubblico
utilizza il nome Johann Faust V, è sia uno degli otto Re dell’Inferno (noto
come “Signore del Tempo e dello Spazio”) sia il direttore dell’Accademia della
Vera Croce dove vengono addestrati gli esorcisti. È in dandy sempre molto
elegante nel suo abito chiaro con cilindro e guanti e può trasformarsi in un
cagnolino bianco.
Al contrario, in “Shana” Pheles
è una donna innamorata e passionale, dai lunghi capelli verdi e indossa un
costume attillato con due langhe spalline a forma di serpente: un outfit che
ricorda molto i classici videogame fantastici o i giochi di ruolo ambientati in
un medioevo alternativo (un esperto del campo saprebbe senz’altro trovare
paralleli calzanti, forse “Claymore” di Norihiko Yagi o “Sword Art Online” di
Reiki Kawahara e Tamako Nakamura).
Il Reiji Maigo è noto per essere il simbolo del legame tra i
“Due Amanti Eterni”, una figura drammatica che ricorre nella tradizione letteraria, sia a Oriente sia a
Occidente. In “Shana” questo vincolo è materialmente rappresentato da un
oggetto dotato d’ingranaggi, simile a un orologio, che diventa bersaglio dei
desideri del Bal Masqué a causa della sua potenza come riserva di energia,
capace di attivare il processo chiamato Taimei Shihen (Il Salmo del Grande
Ordine) che condurrà alla creazione di una nuova legge universale. Cercando un
riferimento nella mitologia, è facile citare le diverse leggende
sull’Apocalisse presenti in quasi tutti i sistemi cosmogonici. Se invece si
circoscrive il contesto ai recenti mixed media nipponici, il richiamo più
prossimo è forse costituito dalla ricostruzione dell’Arca da parte del Conte
del Millennio, antagonista demoniaco della serie “D-Gray Man”. Nel manga di
Katsura Hoshino, l’Arca (Hakobune) è un artefatto cubico - a metà strada tra un database informatico e la Pietra Nera della Mecca - fluttuante che
contiene una città e che permette di spostarsi a piacimento da un luogo
all’altro.
Come avviene nella tradizione, l’avvento di un nuovo ordine
è preannunciato dall’arrivo di un messia oscuro. In questo caso, l’ultimo avversario
da battere per salvare la città di Misaki e il mondo intero è il “Grande
Assassino” Sabrac, noto anche come
“Lama distruttiva”; come nemico giurato di Wilhelmina, compare era comparso
anche durante la Grande Guerra, quando la Flame Haze Mathilde Saint-Omer (la
contraente di Alastor prima di Shana)[vi]
aveva perso la vita nella battaglia finale. Il suo principale potere consiste nel
provocare ferite infette che lasciano stigmate sugli avversari.
Non si trovano
simili demoni nei grimori medievali o gotici ma nella Bibbia ebraica si parla
di Sabnak, uno dei Marchesi dell’Inferno, e signore delle guerre. In “Shakugan
no Shana” è uno spadaccino dal volto coperto di bende e la sua collocazione in
un contesto storico /mitico riporta in primo luogo alle leggendarie bande di
assassini del folklore giapponese, chiaramente ricalcate sulla realtà sociale
dell’Epoca Edo (1600-1868). Anche se in genere l’aspetto è meno truculento,
l’idea torna in molti anime /manga di grande successo: penso a Black ● Star di
“Soul Eater”(Atsushi Ohkubo), membro rinnegato del famigerato Clan della
Stella, del quale ha rifiutato la violenza; e lo stesso vale per Sotarô, medico
protagonista di “Kaitai Shinsho Zero” (Chiyo Kenmotsu) o per Killua Zaoldyeck,
uno dei personaggi principali della lunghissima serie “Hunter x Hunter” di
Yoshihiro Togashi.
Tuttavia, pur condividendo con questi esempi l’impostazione
e la prevalenza cromatica del blu, Sabrac mantiene intatta l’aura di disperazione
che, nei toni sempre cupi dell’ambiente che lo circonda, sembra quasi
giustificare con argomenti filosofici la sua crudeltà. Un particolare importante
crea il senso di continuità caratteristico della serie: anche se si scoprirà
solo in seguito, Sabrac è innamorato di una Mystes, Papagena, che compare
all’inizio della stagione creando un mondo illusorio grazie al potere del suo
spirito – Mare, che significa “incubo” in inglese. Il nome della giovane è
evidentemente preso dal “Flauto Magico” di Mozart, dove questo personaggio è
una ragazza fatata che appare al suono di un carillon incantato; qui invece ha
la capacità di materializzare scenari onirici perfettamente coerenti, generando
il sommovimento del Tempo e per questo motivo può essere considerata
complementare alla “Lama Distruttiva”, che profetizza l’inversione dello
Spazio.
Infine, rispettando l’alternanza tra temi quotidiani e
sovrannaturali, “Shakugan no Shana 2” ha un secondo finale che, allontanandosi
dagli esiti della battaglia tra Flame Haze e Tomogara, si concentra su un altro
scontro: quello tra Shana e Kazumi Yoshida per il cuore di Yûji. Le due ragazze
decidono di mandare un biglietto a lui, invitandolo ad un appuntamento:
ciascuna lo aspetterà alla stessa ora a una delle due uscite della stazione e
quindi la sua presenza indicherà la scelta definitiva, ma allo scoccare
dell’orario fatidico Yûji non si presenta né da un lato né dall’altro e sembra
scomparso. È il classico cliffhanger che lascia con il fiato sospeso e invita a
seguire gli eventi della serie successiva.
Nel complesso,
dunque, “Shakugan no Shana Second Season” è un mix piacevole e ben equilibrato
che gioca con gli stereotipi di genere, mescolandoli a una punta di “cultura
alta”.
http://youtu.be/BZ2Jk9vrsew
[i] La frequenza con cui negli
anime compare uno studente trasferito (tenkôsei) farebbe supporre che questo
sia un fenomeno abbastanza normale in Giappone, cosa che invece non corrisponde
al vero
[ii] Il kraken è un mostro
marino, una sorta di piovra o calamaro gigante il cui mito, mescolando le
leggende nordiche alle rilevazioni scientifiche di Linneo, si è sviluppato
soprattutto nel Settecento e nell’Ottocento. Nelle storie marinare, si trattava
di una creatura aggressiva che attaccava gli uomini corrotti, ad esempio i
pirati. Questa figura ha influenzato la cultura a diversi livelli e in varie
epoche, basti ricordare, la scena della tempesta in “Ventimila leghe sotto i
mari” di Jules Verne, la celebre poesia di Alfred Tennyson intitolata proprio “The
Kraken” (1830) o la serie a fumetti spagnola creata da Antonio Segura e Jordi
Barnet, o ancora il ruolo fondamentale della creatura nel film “Pirati dei
Caraibi Il Forziere fantasma”.
[iii] Basta dare un’occhiata
alle undici pagine riservate alla voce “maids” del database del sito www.anime-planet.com per rendersi conto
della diffusione del fenomeno.
[iv] La caratterizzazione
linguistica attraverso la sottolineatura di una forma grammaticale richiama
quella ricorrente in “Shinryaku! Ika-musume” di Masahiro Anbe dove il suffisso
interrogativo “-nai ka” riprende il nome della protagonista.
[v] Qualcosa di analogo, anche
se in un contesto diverso, avviene anche in “Dead Man Wonderland” in cui Shiro,
una ragazza albina che, oltre ad essere amica del protagonista e a dimostrarsi
particolarmente protettiva nei suoi confronti, ha una seconda personalità
omicida, il Wretched Egg (Uovo Marcio).
[vi] Il cognome Saint-Omer si
riferisce a Godfrey de Saint-Omer, fondatore dell’Ordine dei Templari, ed
infatti Mthilde è in grado di evocare dei guerrieri in armatura che sconfiggono
per lei il nemico. Controlla quattro diversi tipi di cavalieri: pesanti,
leggeri, per attacchi a lungo raggio e cavalieri comuni. Le armature medievali
sono ricorrenti nella rappresentazione nipponica degli eserciti di carattere
religioso e tornano quasi nella stessa forma in diversi anime / manga (basta
pensare a “Hellsing” o al più recente “A Certain Magical Index” dove i due schieramenti contrapposti si avvalgono di compagini di cavalieri in armatura: da un lato i Tredici al servizio della Chiesa Romana e dall'altro i Knight of England che proteggono le coste britanniche dagli attacchi nemici.
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