martedì 15 ottobre 2013

HEART-SHAPED TAMAGOYAKI


 
Non sono una fan delle feste commerciali che t’impongono di comprare cioccolatini e mazzi di rose a peso d’oro, ma mi capita di lasciami trasportare in un vuoto pericoloso che smuove i vecchi imprinting.

Come una stupida ragazzina sentimentale stampo due copie di una foto scattata quattro anni fa in un mini-market di Tokyo. Erin insieme alle due commesse, il giorno prima della partenza. Sul retro traccio ideogrammi incerti che si compongono in qualcosa che dovrebbe suonare tipo. “Grazie per esservi prese cura di me”: ragni d’inchiostro nero, grumi di fuliggine che trasportano le caramelle di zucchero del mio cuore da una sponda all’altra di due contenenti.  E poi il tocco più doloroso: l’onniscienza di Google Panopticon visualizza la mappa stradale del quartiere, ingrandisce le foto delle case e mi riporta sui marciapiedi che ho conosciuto. Con la crudeltà indifferente di un gioco virtuale mi trasforma in un omino giallo a spasso in una realtà d’incroci e paralleli – forse se zoomassi ancora di più sull’angolo della strada, rivedrei i due maggiordomi sospettosamente altolocati in attesa di un pezzo grosso da scortare in qualche villa dei dintorni.

Copiare l’indirizzo del Lawson vicino alla stazione è una sfida alla logica urbanistica, anche scegliendo la traslitterazione fedelmente piena di trattini e vocali allungate. Piuttosto, chissà se le mie “mamme” lavorano ancora là. Il dubbio blocca per un attimo il mio progetto ma mi rianimo subito. Non avevano l’aria di stagionali da part-time e la più anziana era sempre al suo posto dietro al bancone, a qualsiasi ora, con la gentilezza automatica dell’eterna litania: “Benvenuto, Sommo Signor Cliente!” inscritta nel suo DNA.

Eccomi allora all’ufficio PT con una busta da affrancare in maniera arcaica e un po’ di tristezza residua sul fondo della voce «Una normale lettera per il Giappone, per favore» «Chi siete? Dove andate? Cosa Portate? Un fiorino!» risponde un’impiegata apatica strappata dalla pausa cappuccino delle dieci. Sospiro e, guardando il retro bianco del biglietto coprirsi di strisce adesive, immagino la lunga carovana postale di Marco Polo srotolare la Via della Seta.

Ok, una parte della missione è compiuta, un pezzo di carne viva è partito, ancora palpitante, trascinando ricordi tinti dall’ambra del tempo.

Passo davanti a una pasticceria. Mi faccio dare un sacchettino di dolci per la maestra Chieko, anche se non la vedo da un mese. Vorrei andare alla scuola, adesso che il mio corso è finito, solo per poterla salutare, ma so che si è presa il mercoledì libero e decido di lasciare il regalo al direttore – sfiorata dai suoi modi calmi e pacati: forse è meglio così per evitare l’imbarazzo della consegna. Ci sentiremo tranquillamente con un messaggio o una mail quando il mio pensiero l’avrà raggiunta e si sarà decantato.

 

Cassy è un caso a parte, molto più difficile da risolvere. Mi piacerebbe ragalarle qualcosa di più.

Seleziono e scarto oggetti che allungheranno la futura lista di possibilità natalizie: un lettore cd con una moderna presa usb per sostituire i sobbalzi asmatici di quello che adesso troneggia sul frigorifero; l’ennesimo libro; un massaggio facciale in un beauty center della mala cinese (mille volte le avevo detto o chiesto di curarsi di più per allontanare lo spettro di D dal viso stanco) … La paranoia economica mi lascia spossata e mi limito a esaminare le borse e i gioielli del solito mercatino di cianfrusaglie fricchettone mentre torno a casa nella sera tinta di lavanda e di buio improvviso.

Mi fermo sulla piazza del mercato. Tanto lei non sarà ancora tornata. E mi chiedo se è possibile trovare da qualche parte un buono della Banca del Tempo, che allunghi le giornate e ci permetta di passeggiare insieme prima di cena come facevamo un secolo fa.

 

Alla fine registro qualche cd, stampo uno schizzo di Picasso – un ritratto della mamma da giovane con Alissa – e sistemo tutto sul tavolo accanto a un piatto con tre frittatine a forma di cuore ed esco.

Suono da Hortensia che mi accoglie con il suo neo-nipotino in braccio e la guancia gonfia per un ascesso: anche per lei ci sono delle tamagoyaki, che a quanto pare dovranno aspettare.

 

 

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