Non sono una fan delle feste commerciali che t’impongono di
comprare cioccolatini e mazzi di rose a peso d’oro, ma mi capita di lasciami
trasportare in un vuoto pericoloso che smuove i vecchi imprinting.
Come una stupida ragazzina sentimentale stampo due copie di
una foto scattata quattro anni fa in un mini-market di Tokyo. Erin insieme alle
due commesse, il giorno prima della partenza. Sul retro traccio ideogrammi
incerti che si compongono in qualcosa che dovrebbe suonare tipo. “Grazie per
esservi prese cura di me”: ragni d’inchiostro nero, grumi di fuliggine che
trasportano le caramelle di zucchero del mio cuore da una sponda all’altra di
due contenenti. E poi il tocco più
doloroso: l’onniscienza di Google Panopticon visualizza la mappa stradale del
quartiere, ingrandisce le foto delle case e mi riporta sui marciapiedi che ho
conosciuto. Con la crudeltà indifferente di un gioco virtuale mi trasforma in
un omino giallo a spasso in una realtà d’incroci e paralleli – forse se zoomassi
ancora di più sull’angolo della strada, rivedrei i due maggiordomi
sospettosamente altolocati in attesa di un pezzo grosso da scortare in qualche
villa dei dintorni.
Copiare l’indirizzo del Lawson vicino alla stazione è una
sfida alla logica urbanistica, anche scegliendo la traslitterazione fedelmente
piena di trattini e vocali allungate. Piuttosto, chissà se le mie “mamme”
lavorano ancora là. Il dubbio blocca per un attimo il mio progetto ma mi
rianimo subito. Non avevano l’aria di stagionali da part-time e la più anziana
era sempre al suo posto dietro al bancone, a qualsiasi ora, con la gentilezza
automatica dell’eterna litania: “Benvenuto, Sommo Signor Cliente!” inscritta
nel suo DNA.
Eccomi allora all’ufficio PT con una busta da affrancare in
maniera arcaica e un po’ di tristezza residua sul fondo della voce «Una normale
lettera per il Giappone, per favore» «Chi siete? Dove andate? Cosa Portate? Un
fiorino!» risponde un’impiegata apatica strappata dalla pausa cappuccino delle
dieci. Sospiro e, guardando il retro bianco del biglietto coprirsi di strisce
adesive, immagino la lunga carovana postale di Marco Polo srotolare la Via
della Seta.
Ok, una parte della missione è compiuta, un pezzo di carne
viva è partito, ancora palpitante, trascinando ricordi tinti dall’ambra del
tempo.
Passo davanti a una pasticceria. Mi faccio dare un
sacchettino di dolci per la maestra Chieko, anche se non la vedo da un mese.
Vorrei andare alla scuola, adesso che il mio corso è finito, solo per poterla
salutare, ma so che si è presa il mercoledì libero e decido di lasciare il
regalo al direttore – sfiorata dai suoi modi calmi e pacati: forse è meglio
così per evitare l’imbarazzo della consegna. Ci sentiremo tranquillamente con
un messaggio o una mail quando il mio pensiero l’avrà raggiunta e si sarà
decantato.
Cassy è un caso a parte, molto più difficile da risolvere.
Mi piacerebbe ragalarle qualcosa di più.
Seleziono e scarto oggetti che allungheranno la futura lista
di possibilità natalizie: un lettore cd con una moderna presa usb per
sostituire i sobbalzi asmatici di quello che adesso troneggia sul frigorifero;
l’ennesimo libro; un massaggio facciale in un beauty center della mala cinese
(mille volte le avevo detto o chiesto di curarsi di più per allontanare lo
spettro di D dal viso stanco) … La paranoia economica mi lascia spossata e mi
limito a esaminare le borse e i gioielli del solito mercatino di cianfrusaglie
fricchettone mentre torno a casa nella sera tinta di lavanda e di buio
improvviso.
Mi fermo sulla piazza del mercato. Tanto lei non sarà ancora
tornata. E mi chiedo se è possibile trovare da qualche parte un buono della
Banca del Tempo, che allunghi le giornate e ci permetta di passeggiare insieme
prima di cena come facevamo un secolo fa.
Alla fine registro qualche cd, stampo uno schizzo di Picasso
– un ritratto della mamma da giovane con Alissa – e sistemo tutto sul tavolo
accanto a un piatto con tre frittatine a forma di cuore ed esco.
Suono da Hortensia che mi accoglie con il suo neo-nipotino
in braccio e la guancia gonfia per un ascesso: anche per lei ci sono delle
tamagoyaki, che a quanto pare dovranno aspettare.
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