martedì 27 novembre 2012

ANDREA SI è PERSO o LA BANALITÀ DEL MALE

25 NOVEMBRE.


Giornata contro la violenza sulle donne.

Ascolto un professore di sociologia delle migrazioni spiegare che la discriminazione di genere è stato il tassello fondante della gerarchia sociale patriarcale e capitalista, e mi domando quale valore possano avere ventiquattro ore con un fiocchetto ufficiale sopra a fronte dei dati sempre più allarmanti che ci giungono non solo da Paesi lontani, quasi inimmaginabili, ma persino dalla nostra Italia. Il 70% delle donne uccise avevano denunciato qualche forma di abuso, spesso da parte del compagno o ex-compagno. E ci sono notizie ancora più tremende che confermano la terribile logica del branco, la necessità famelica dell’essere umano di cercare un anello debole, un capro espiatorio da colpire per non sentirsi troppo fragile. Facendo le debite proporzioni, è la teoria della Banalità del Male di Hannah Arendt: assimilare il “diverso” al rango di “bestia” per giustificare la propria crudeltà. Gli indios delle Americhe non avevano un’anima; i neri non avevano un’anima; le donne erano prive d’intelletto: non c’era nulla di sbagliato nei massacri in nome della civilizzazione, nelle punizioni corporali estreme o nella rivendicazione di un possesso oggettivo. E non si tratta di un capitolo chiuso della Storia: i campi di rieducazione nella Cambogia di Pol Pot e quelli dell’attuale regime cinese, il caporalato nel nostro sud, le operazioni di guerra a Gaza e in Siria …

E poi ci sono tante micro-storie, di quelle che occupano un trafiletto sul giornale per un giorno e poi spariscono nel dimenticatoio: il suicidio di Andrea,quindicenne romano che non tollerava più le continue prese in giro e il bullismo dei compagni di scuola. Siamo tutti indignati. Per un momento. Dopodiché scattano i retro-pensieri stereotipati: “Ah beh! Andava in giro con i jeans rosa e lo smalto sulle unghie! Era un gay!” – come se ci fosse qualcosa di cui vergognarsi, qualcosa da giustificare. Persino i quotidiani danno tutto per scontato e la morte di un ragazzo così giovane s’inscrive nel registro dei fatti annunciati e quasi naturali. Ciò su cui bisognerebbe davvero riflettere è l’atteggiamento fuorviante dell’informazione e addirittura della Procura – che indaga senza ipotesi di reato ed è restia ad aggiungere l’istigazione ai capi d’imputazione. Se non proprio “istigazione”, si potrebbe allora chiamare “diffamazione aggravata” (visto il tragico risultato). Come finirà? Con una semplice diffida? Non è la prima volta che un giovane si toglie la vita per disperazione dopo essere stato pesantemente deriso (e purtroppo non sarà l’ultima!) ma chi se ne ricorderà? Chi si ricorderà i nomi delle mogli, fidanzate e madri vessate dagli uomini della loro stessa famiglia? Chi parla più dei femminicidi messicani, la cui lista si allunga sempre di più mentre il governo copre i potenti colpevoli?

Non sono episodi sporadici di barbarie contro civiltà: in Tunisia a ottobre è stata stuprata dai poliziotti e poi accusata d’indecenza, e anche in Italia – che per anni ha guardato con perverso divertimento e pure con segreto compiacimento al fenomeno bunga.bunga / burlesque, e che rifiuta di riconoscere la regolarità delle unioni omosessuali – ci sono state vicende analoghe che non hanno lasciato strascichi e si sono spente nel nulla. È facile allora dire che si deve lavorare per cambiare la mentalità, ma nella pratica sembrerebbe quasi impossibile, dato che si dovrebbero sovvertire le logiche dominanti di un intero sistema corrotto fin dalle fondamenta.

Non bastano le parole se poi nei libri di testo i nomi di pittrici, scrittrici, politiche, eccetera si contano sulle dita di una mano; e soprattutto se i media in generale e la pubblicità in particolare continuano a proporre un’immagine distorta che declina e perpetra i vecchi schemi della cultura machista. Schemi che, attraverso questo costante stillicidio si riproducono, radicandosi nelle menti delle persone comuni: “Se sei un maschio medio, puoi fare quello che ti pare”. A lungo termine questo è un’autodistruzione collettiva, perché è provato che le donne rappresentano un’importante risorsa d’innovazione in campo culturale, economico e lavorativo.

Qual è la ricetta per arginare di questo disastro?

1 commento:

  1. Bravissima Elena! Le tue considerazione hanno colto l'anima del problema che esiste da sempre e serve per risvegliare le coscienze. L'essere umano dovrebbe bastare, senza essere tagato, giudicato e condanato per essere un individuo con tutte le differenze che questo comporta e che fanno parte da sempre dell'umanità. Marta

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