giovedì 29 novembre 2012

LE RANDEAU DE LA MÉDUSE



Dopo la pioggia, il cielo è slavato e bianco, indifferente come un occhio cieco. La perturbazione Medusa ha lasciato un sole malato.

Pietrificati e sospesi n una bolla di Tempo, corriamo verso il naufragio aspettando la Fine del Mondo su una zattera affollata di cannibali. Riempiamo le strade di lucine natalizie un po’ più fiacche e tristi.



I colori nelle vetrine mi attirano e mi respingono: “Con quel vaporoso golfino chiaro assomiglierei a Hide-sama” Sì certo, se fossi un maschio nipponico piuttosto figo …

Cerco strategie per comprare i regali di rito senza dover accendere un mutuo, passo tra gli scaffali, mi faccio tentare da un libro. È nuovo.

Profuma d’inchiostro fresco di stampa.

Semaforo verde alla cassa 6 /Semaforo rosso alla cassa 2.



Impossibile non pensare all’impeccabile impiegata giapponese che al Consolato scandiva con precisione meccanica i numeri di clienti e sportelli come se annunciasse la tombola.

Allora era tutto più semplice perché ero davvero sola con Me Stessa.

Allora era tutto più difficile perché ero davvero sola con Me Stessa.

Mi guardo intorno.

Appena uscita dal negozio, dovrò correre in bagno.

Quattro porte e l’insegna di McDonald’s lampeggia carica di energia calorica.

Scendo le scale a precipizio verso il traguardo segnato da una donnina stilizzata sulla porta di simil-legno a spinta. Non tolgo nemmeno l’auricolare. Che effetto fa liberarsi con il Duca Bianco che ti canta nell’orecchio? “Ashes to ashes / Funk to Funky … “.

Nel Paese dei Crisantemi, il cinguettio degli uccellini si attiva quando ti siedi sulla tazza e un pannello illustrato ti spiega cortesemente come usare tutti i possibili confort idroriscaldanti. Una strana interpretazione della purezza spinge a nascondere la verità del corpo, un’eleganza aristocratica che mi fa tornare in mente i giardini solitari del Palazzo Imperiale: una cortigiana che scrive con il pennello, una madre che stringe il fazzoletto nel pugno per non mostrare le lacrime, un intellettuale che sistema un mazzo di gigli in un vaso …

La finzione contenuta cancella i sentimenti e le loro ragioni profonde e, per cercare le radici, alcuni si perdono nei paradisi artificiali gestiti dagli psicoterapeuti, trasformandosi in caricature bovine dell’essere umano.



Io mi sono divincolata dalle capsule di monitoraggio e osservo la realtà muovendo lo sguardo verso l’interno buio della coscienza, analizzando il movente d’inattese reazioni chimiche.

Perché la foto di Norman e Momoka – così innegabilmente INSIEME – mi ha turbato?

Per me, la gentilezza dell’amicizia è l’apice di un rapporto, dopodiché – questa volta sì – si apre uno sconosciuto empireo abissale d’impurità non necessarie, talmente indesiderabili da apparire lontane anni luce, come l’ipotesi della riproduzione aliena.

Norman e Momoka.

Adesso è lampante: le stesse passioni, la stessa pettinatura da manga, gli stessi vestiti presi a Harajuku … Eppure c’è qualcosa che mi sfugge …

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