Barbara Canepa si è trasferita in Francia in cerca di maggiori possibilità espressive e oggi gestisce una propria collana editoriale con la quale pubblica i suoi lavori – concedendosi tempi di elaborazione piuttosto dilatati – e sostiene altri giovani autori. La crescita personale di un artista sta nell’evoluzione individuale e si alimenta del rapporto con il prossimo e dell’attitudine mentale a curare ogni segmento della creazione lasciandosi influenzare da tutti i possibili stimoli: nel caso di End, si ritrovano molti La realizzazione di una singola tavola può durare cinque giorni o anche di più e può soffermarsi su una sola vignetta per un giorno intero perché spesso la creazione viene scomposta in ben centottanta livelli di analisi: un approccio radicalmente diverso rispetto a quello quasi industriale del fumetto giapponese, che si concentra sulla quantità prediligendo i piccolo formato e il bianco e nero. Le immagini di Barbara Canepa vengono rielaborate su due binari paralleli, sia in analogico che in digitale anche se promette di tornare all’uso tradizionale del colore per il prossimo volume di Skydoll, previsto per il 2014 (il terzo capitolo è completamente colorato a computer). Il processo di correzione e perfezionamento su End è stato lungo e meticoloso, studiato a quattro mani con la collega Anna Merli tornando a ripensare la base manuale della grafica, riscoprendo le matite e i toni scuri tipici delle illustrazioni vittoriane, con un monocromo cupo che dà l’impressione di antico, legato al tempo gotico e al concetto di morte e un’atmosfera molto diversa da quella pop e luminosa di Skydoll. Uno sguardo rivolto al passato non significa dimenticare il presente: per comunicare con le nuove generazioni è necessario mettere nella narrazione aspetti di moda e di design restando al passo coi tempi e addirittura anticipandoli. Anna Merli disegna ma i compiti in realtà non sono suddivisi in maniera rigida. In particolare, Barbara si occupa dello storyboard e lo invia ad Anna che fa i primi schizzi e le due si consultano sul tipo di scenografia da allestire: spesso le autrici utilizzano l’espediente della quinta teatrale, rappresentata da un tronco o da una tomba scura o sfumata, come se l’occhio fosse una camera che cambia continuamente posizione. → Lorenzo Mattotti e D’Alò hanno sfruttato lo stesso trucco per il loro Pinocchio, recuperando l’idea del palco da opera. Da qui nasce l’ispirazione per un intreccio che serve soprattutto a parlare di se stesse e della condizione femminile, arrivando a toccare la sensibilità di un pubblico di lettrici fragili.
La prima fase prevede dei semplici acquarelli: si tratta di una tecnica pittorica che di per sé comporta la sovrapposizione di tanti strati per creare una texture particolare su uno speciale supporto di “carta-cotone”. In seguito Canepa aggiunge o corregge i dettagli con Fotoshop e passa alla scansione riassegnando i giusti valori a ciascuna sfumatura, in modo che non sia alterata sulla pagina: in questo passaggio, lavorando in quadricromia, è possibile cambiare totalmente l’impostazione di una tavola, trasformando per esempio tutti i rossi in blu.
Inizialmente le artiste si erano concentrate quasi esclusivamente sulla ricchezza visiva, dimenticandosi persino di inserire i balloon e stanno quindi pensando di curare un’edizione di end senza testi, con un foglio trasparente sovrapponibile alle illustrazioni a grandezza originale.
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