VENEZUELA: Il presidente Hugo Chávez è stato confermato con il 54,42 per cento delle preferenze, contro il 44,97 per cento del suo avversario, Henrique Capriles. Ma c’è stata anche una forte astensione.
Non so giudicare. Leggendo i giornali è innegabile che Chávez abbia varato molte iniziative buone ma c'è chi dice che si è solo venuta a creare una sorta di dipendenza interna: le persone diventano legate agli aiuti statali, adagiandosi. Inoltre, chi guarda all’avvenire in un’ottica più lungimirante si rende conto che tutti questi progetti non sono sostenibili sul lungo periodo perché dipendono da quel 95% delle esportazioni venezuelane concentrato sul lettore degli idrocarburi. Sulla politica estera c'è chi dice che abbia svenduto o regalato le risorse energetiche a "Paesi Amici" ma anche la prospettiva del liberismo selvaggio statunitense non mi pare così allettante. Dai commenti emerge che l'errore maggiore di Chávez è l'aggressività del suo populismo, troppo personalista per sopportare un probabile futuro tracollo del suo leader. I cittadini comuni oggi sono troppo politicizzati e identificati forzatamente con l'uno o l'altro dei due schieramenti in campo e questo non fa che alimentare il clima d'odio a tutti i livelli, dalla base fino ai discorsi propagandistici con cui il presidente parla alla nazione ogni settimana. I mezzi d’informazione dell’opposizione vengono troppo spesso messi a tacere e il “dialogo” al quale invita oggi Chávez sembra quasi impossibile scorrendo la lista di giornalisti minacciati e arrestati e delle tv chiuse con l’accusa di non essere abbastanza “patriottiche”, con il garante che sembra cieco quando gli conviene e l’azione politica condotta da un’amministrazione elefantiaca. Non dovrebbe essere negato il diritto di parlare della corruzione e della mancanza di sicurezza. È la fotografia di un Paese troppo vincolato agli alti e bassi del mercato petrolifero, ma questa dipendenza ha radici lontane che vanno cercate nei quarantenni di bipartitismo che hanno preceduto l’era Chávez.
Era la prima volta che l’opposizione si presentava unita alle elezioni, grazie alla regolarizzazione delle MESAS DE UNIDAD DEMOCRÁTICA che hanno appianato le divergenze ma il partito degli astensionisti si è dimostrato forte, lanciando un chiaro segnale alla classe dirigenziale. Quelli che vivono nelle zone più povere rifiutano la polarizzazione politica e sono discriminati. Negli ultimi dieci anni i non allineati oscillavano tra il 30 e il 40% dell’elettorato: una fetta consistente d’individui disillusi dalle promesse fumose che non si concretizzano mai. Ma appare evidente che la situazione non cambierebbe molto con un altro partito al governo. l’unica maniera di affermare un vero cambiamento è studiare per ottenere quei mezzi critici ed economici necessari a rendersi indipendenti dallo Stato, e quindi anche questo paradossalmente deve passare in primis per le maglie dei programmi istituzionali.
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