domenica 14 ottobre 2012

THE LIZARD QUEEN in a dollhouse


20:08

Passo nella luce alogena di un bancomat, e la telecamera registra la mia presenza – click. La polizia potrebbe usare il filmato, se mai succedesse qualcosa in questo buio troppo periferico. Eppure io sono qui e non ci sono già più – Tutto scorre: Panta Rei. Il mio spirito si sdoppia in un’esperienza extracorporea e rimango indietro.

Una bambina continua a camminare verso il silos-parcheggio sotto lo sguardo di pietra di Thomas Alva Edison.

Credo si chiami Alissa.

Prosegue quasi volando, come se cogliesse dei fiori dal marciapiede di cemento, e canta con il tono distorto dei fantasmi … But first, are you experienced? Have you ever been experienced? Well, I have …: è un ologramma della Psychic TV che splende contro l’oscurità.

In quella forma eterea posso giocare a essere una principessa vestita di organza.

Posso fingere di non essere stata abbandonata.

Posso riavvolgere il tempo.

Da qualche parte arrivano i bagliori catodici di un telegiornale e una voce in off riferisce di un ragazzino trascinato via come un agnellino al macello. Lo porteranno in un istituto perché possa “decantare”. E la sua rabbia crescerà con la paura, fino a riempire di mostri tutti gli armadi. Anche lui vorrebbe scappare per tornare indietro – ci devono essere stati dei giorni felici da qualche parte, sepolti nella memoria – a quando non era ancora una cosa, una merce di scambio in un gioco di potere. Per me non è mai stato così, vero Alissa?

C’era calore nel nostro strano tipo di famiglia e se Altair entravain soggiorno, pareva che non se ne fosse mai andato, con il suo odore di sale e tabacco: sapore di porti lontani. Si sedeva in poltrona e mi raccontava le avventure di Ulisse mentre Daria  preparava qualcosa in cucina.

Una volta mi aveva portato una bambola, e sulla stoffa bianca c’era scritto il mio nome con un pennarello. A leggerlo piano aveva la delicatezza di una sinfonia primaverile: sono rinata in maggio, Mio Capitano.

Portavano in tavola il vassoio – caffettiera, zucchero, latte e tre tazzine di porcellana con il bordo dorato delle grandi occasioni – e anch’io bevevo due dita di caffè allungato con l’acqua; poi mi alzavo e recitavo parole in un inglese inventato, in modo che lui fosse fiero di me

Tutto solo perché fosse fiero di me – ma chi è nostro padre, la persona che ci conquista o quella che si prende cura di noi?

Absence disembodies – so does Death /Hiding individuals from the Earth /Superstition helps, as well as love – / Tenderness decreases as we prove –

Armonia triste, fuori luogo sulla bocca di una bimba. Forse

L’avevo sentita una sera passando per il parco. Una ragazza declamava con la convinzione di un’eroina nefritica arrampicata sull’intelaiatura metallica dei cubi colorati – un papavero rosso tra i capelli. Pur senza capirle, quelle parole mi erano restate dentro come una musica perfetta …

Arrivavo alla fine e loro mi applaudivano.



Ignoravamo la solitudine e costruivamo la nostra preziosa casa di bambole.



Ma capitava che Daria dicesse qualche frase che spezzava il sigillo: «Non fate rumore che svegliate la piccola» ci sgridava. E calava un silenzio pesante perché sapevamo benissimo che l’altra stanza era vuota.



Adesso mi chiedo cosa avrebbero fatto loro se mi avessero perso, come avrebbero reagito se un uomo avesse spinto la mia madre  giù dall’autobus per strapparmi dalle sue braccia. E se io fossi semplicemente scomparsa nell’abbondanza plastificata di un centro commerciale, magari ingoiata dalle palline di gomma del kindergarten? Sarei diventata eterna: un’altra lacuna da spiegare, un’illusione spezzata – l’accessorio mancante della felicità.

Per questo esiste Alissa.

Mi sfiora con le sue dita di brezza e si riaddormenta nella mia coscienza mentre apro gli occhi e intorno a me la notte si è fatta un po’ più nera.

Non c’è più nessuno in giro, anche il pakistano che da mesi suona il tamburo nel tunnel vicino alla stazione dev’essere andato via da un pezzo. È ora di tornare a casa ma devo abituare la vista a quella distesa di Nulla prefabbricato. Un’insegna lampeggiante esala i suoi ultimi watt.

Sbatto le palpebre.

Sul muro di fronte, mi appare una lucertola, bianca di fibre fluorescenti, e subito corre a nascondendosi nel regno dell’invisibile.

… Era un sogno? Mostrerò al mondo il mio marchio ereditato alla nascita, il tatuaggio che si muove sulla pelle.

I’m the Lizard Queen / I can do anything.

http://youtu.be/HgI6CMdlHM0

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