domenica 12 maggio 2013
IL SIRTAKI DEL BRUCALIFFO
Libreria. Le tentazioni mi stringono il cuore.
Leggo l’incipit di un romanzo. Lo poso. Ne prendo un altro. Lo poso.
Mi sento male, invasa da una tristezza senza nome. Divento pesante come una pietra e sprofondo nell’abbraccio avvolgente di una poltrona ergonomica. Le righe danzano davanti ai miei occhi che si spostano senza obiettivo. Respiro – mi dissolvo lentamente.
Guardo l’orologio del cellulare sperando che le cifre digitali possano strapparmi a questo sottile supplizio intellettuale.
Dimitris mi aspetta per le sei al solito Cocktail Bar – insegna anonima che identifica un miliardo di locali sul pianeta.
Non lo vedo da mesi: da quando si è auto-esiliato in Spagna.
Entro nella veranda coperta e lo identifico subito, seduto sotto il fungo metallico della stufa. Dev’essere per lo meno al terzo martini perché, circonfuso dall’aurea del suo nome “fottutamente psichedelico”, arrotola le parole, discutendo con Eloisa. Il ritmo cadenzato del castigliano iberico condito di chiusure catalane si mescola all’italiano e all’accento scattante di una leggendaria nonna greca, creando una cantilena dolce.
Paradossalmente la barba gli ha ammorbidito i lineamenti e anche i suoi gesti si sono fatti più fluidi e teneri, senza essere volgari.
Sta recitando animatamente il rosario delle sue ultime conquiste amorose, quasi tenesse una rubrica piena di stelline rosse. Le mani si muovono come farfalle di fumo mentre i piedi tamburellano di freddo dentro alle Converse di tela estiva. Sembra un batterista della passione carnale nel bel mezzo di una rullata.
Ho sempre avuto l’impressione che la sua incostante ricerca di una soddisfazione emotiva, oltre che fisica, fosse in qualche modo complementare alla mia ostinata astensione. L’estrema empatia rispecchia la rupofobia da anacoreta.
Mi avvicino al tavolo buttando lì un saluto e uno sguardo distratto agli stuzzichini vegetariani impalati in un piattino. Mi siedo e lascio che la conversazione mi scorra piacevolmente sulla pelle: voglio davvero bene a questo ragazzo, forse soprattutto per la musicalità della sua voce.
Il chiacchiericcio degli altri clienti mi distrae: le elezioni, il populismo degli insulti gratuiti – chi urla e chi bela –, il papa spapato … Eloisa dice: «Il centro sociale studentesco ha organizzato “l’Abdication Party” ma è troppo reggae per i miei gusti». Anch’io ho visto i manifesti: “ A noi piace ricordarlo così”, in una serie di purikura da Esorcista. … Se si registrasse un campionario di discorsi da aperitivo, si avrebbe una buona descrizione di un Paese-colabrodo, dove le situazioni diventano tanto grottesche da far invidia al realismo mágico.
«Come si fa a dare fiducia a uno che grida sempre?» Bisogna strillare per farsi sentire al di sopra del
volume troppo alto dei video sul televisore ultrapiatto nella sala di vetro – martellio costante di unz-unz e sfilate di ninfette discinte: anche questo, forse, spiega cosa siamo. Infondo ci meritiamo la nipote di Mubarak!
Sorseggio il mio tè con uno sguardo vuoto da Lepre Marzolina. È quasi ora di tornare a casa?
Una pioggerella sottile cade sui marciapiedi, fuori dalla protezione della nostra piccola serra iperbarica. Una patatina unta e dorata mi fluttua davanti al naso prima di sparire tra i denti bianchissimi della mia amica. Gli occhi di Dimitris sono arrossati dal tizzone di una sigaretta girata a mano, in flagrante infrazione dei divieti governativi. «Mi sa che l’unica è pasticciare la scheda» Butto lì, tanto per posticipare il momento dei saluti – Baci & Abbracci & “Ci-Vediamo-alla-Prossima”. Un conto è camminare col buio, per due o tre chilometri; ma farsi tutto il tragitto bagnata come un pulcino indifeso non mi attira per niente. «Dài! Non si fa! Io voto per il Movimento!» I punti esclamativi di Eloisa hanno la certezza granitica degli spot pubblicitari passati in loop su internet. «Mah, ci penserò …» So già che domani mattina scandaglierò la rete cercando di scoprire quale bugia sembra più promettente.
Nel mondo esterno, l’aria è tornata a essere immobile.
Dimitris s’infila il suo giubbotto di pelle leggero, armeggia coi tasti dell’I-Phone e ordina due pizza a domicilio per il proseguo della serata, al quale io non mi aggrego. Sull’angolo, sovrastata dalla severità neo-neoclassica del Museo di Scienze Naturali, mi separo dal gruppetto.
Sola. Le forze di dispersione hanno agito ancora sulla molecola instabile di un’amicizia catastrofica.
In alto, la luna è cerchiata dall’alone delle gocce recenti; in basso, i fari descrivono esplosioni in Boccioni-style.
“Ciò che desidero soprattutto nella vita è dormire” disse il lampionaio accendendo e spegnendo la luce una volta al minuto.
http://youtu.be/A16VcQdTL80
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento