sabato 13 aprile 2013

I'M KILLING TIME ON VALENTINE'S



«Ve ne pentirete!» Sbraita Crudelia Demon con la sua pelliccia di dalmata, puntando un dito ossuto contro Tony il tuttofare.


Sono tutti in grande spolvero per il vernissage e di sicuro nessuno ha notato l’assenza di un’etichetta sul muro bianchissimo dello stand. Nessuno, tranne l’interessata, che non sembra disposta a sopportare un simile oltraggio. Il Boss abbozza uno dei suoi migliori sorrisi diplomatici mentre Jane arrossisce fino alla radice dei capelli. Eccola in una delle sue migliori arrabbiature in stile pentola-a-pressione: non potendo dire nulla sul momento, si sfogherà più tardi a tu per tu con le scope nello stanzino. «Accidenti, mi viene proprio voglia di ammazzare qualcuno!» È costretta a indossare una maschera di gentilezza e un tubino di pizzo ma ribolle di rabbia. «Hai due facce. Come Dexter: di giorno ematologo e di notte serial killer che toglie di mezzo i criminali impuniti» «Esatto, dici che si può fare?» Ondine regge lo scherzo, trovando la battuta giusta che stempera gli animi «Eh, per fare tutto in maniera precisa, ti ci vorrebbe un sacco di cellofan. Non so se alla Metro te lo vendono!» Funziona. Scoppiamo a ridere e dimentichiamo le ire funeste delle arpie acriliche.

Anche Ondine naturalmente è bellissima e l’abitino corto, rigorosamente nero, mette in risalto una femminilità che non sospettavo. Osservo il suo profilo pallido, il naso dritto e la curva scolpita dei capelli che profumano di gel alla frutta.

Potrebbe essere una musa. Potrebbe essere un avatar di Sylvia.

Solo ora lo capisco. E mi sento tesa, preda di una sottile inadeguatezza pronta a schiacciarmi.

Sono meschina? Forse, o forse sono solo troppo umana ed empatica.

Poi il mondo mi regala un altro tassello per il mio puzzle incompleto. Tra i quadri concettuali appesi alle pareti, sfilano ragazze strette dentro corsetti cyber-vittoriani, pizzi d’epoca, gorgiere e gioielli di cristallo. Sono magrissime e con i segni della tristezza negli occhi di pietra seleniana. Quella modella bionda è il risultato di ciò che io non sono riuscita a diventare e ancheggia sulle chilometriche zeppe turchesi. Oh, Alissa! Se fossi crescita e sbocciata saresti stata così, ne sono sicura.

Cercando di essere elegante, io avevo scelto un maglione color rame da abbinare con dei ciondoli di terracotta ma il riscaldamento nel Padiglione C è troppo alto e sono costretta a toglierlo subito per evitare di sudare. La termica nera non fa un brutto effetto sulle calze arancioni ma sono fasciata in modo imbarazzante e credo che il disagio mi si legge in faccia mentre allungo il mio biglietto da visita a un meraviglioso uomo-donna corredato di tacchi a spillo e ali d’angelo caduco.

Un tipo con gli occhiali a specchio mi si avvicina deciso. «Sei tu che hai scritto di me sulla rivista?» Tremo.

Ha un ciuccio di plastica viola attaccato alla cerniera della felpa: non può essere cattivo.

«Sei il mio mito! Ma come hai fatto a capire che amo il Teatro dell’Assurdo?» «Non so. Non ricordo … Sai, io ho una memoria molto a breve termine. E poi è come se a te chiedessero perché disegni certe cose, no? Comunque ti lascio il biglietto da visita con i miei contatti.» In realtà, avrei dovuto rispondere “Tu descrivi la vita. È la vita stessa a essere incomprensibile”. Ma non sono abbastanza rapida e brillante. In queste occasioni avrei bisogno di una mano di lucido. O di una pastiglia energizzante.

Sollevata ritorno alla solita modestia scherzosa che il mio capo non approverebbe. Una pittrice interviene nella conversazione «È che lei ha una sensibilità non comune nel leggere le immagini!»

Stanno pettinando il mio Ego come non succedeva da secoli e quando esco, nel freddo della sera, le luci che splendono sul tendone del circo in riva al mare mi ricordano il mio mestiere di funambolo giullare.

Lo sbalzo termico è mostruoso. Tento di chiudere di più la cerniera del piumino, già tirata su al massimo e intanto sintonizzo la radio alla ricerca di un rauco conforto rock che mi aiuti a superare l’infinito rettilineo fascista di mattoncini rossi costellati di coriandoli e di spazzatura. Mi fermo un secondo a sistemare la sciarpa. Ho il tempo di fotografare un flacone vuoto di farmaci che rotola sulla grata di un tombino.

A volte le allucinazioni mostrano la verità ed è necessario appuntarsi i sogni sul quaderno prima che svaniscano con la sveglia dell’alba.

http://youtu.be/jERpzqaHJO8   http://youtu.be/Y5fBdpreJiU

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