Partiamo da alcune informazioni tecniche (Guido Tavasso, Storia dell’Animazione giapponese, p. 469): Ghost Hound è una serie realizzata con la collaborazione di Masamune Shirow per celebrare i vent’anni di attività della Production LG.
La trama dell’anime, sceneggiato da Chiaki J. Konaka (Hellsing, RanXephon) diretto da Ryûtarô Nakamura, è l’adattamento di un soggetto scritto da Shirow già nel 1987 ma ci sono grandi cambiamenti rispetto al character design iniziale, infatti si è scelto di abbassare l’età dei protagonisti per un risultato finale (opera di Mariko Oka) più semplice e infantile ma sempre molto realistico, forse vicino alla trasposizione animata di Monster (manga di Naoki Urasawa . Si ricompone così il team che aveva lavorato su pietre miliari come Serial Experiments Lain (1998) e le tematiche sono in un certo vicine a questo piccolo cult. Tarô, Makoto e Masayuki sono liceali che hanno vissuto un indelebile trauma privato e, forse proprio per questo motivo, entrano in contatto con il “Mondo Nascosto” attraverso una proiezione extracorporea delle loro coscienze.
Tali entità spirituali si evolvono man mano che i tre acquisiscono esperienza e anche le loro capacità aumentano gradualmente: da esseri fetali si trasformano in adulti e diventano in grado di utilizzare particolari poteri di attacco e difesa, come se si trovassero in un videogioco. Si deve quindi rilevare una fusione dell’animazione tradizionale con una grafica 3d volutamente grezza e l’approfondimento del problema tecnologico già presentato in Persona – Trinity Soul, un progetto multimediale del 2008. Persino la terminologia nei due anime è simile ma mentre quest’ultimo sfocia in una storia di mecha, Ghost Hound si sofferma in modo dettagliato sugli aspetti neurologici della percezione. Qual è il confine tra realtà quotidiana e sogno? Quali sono le potenzialità del cervello umano? Nella letteratura, moltissimi autori hanno esplorato questo campo: si va da Calderón de la Barca a Lewis Carroll; e i riferimenti agli intrecci narrativi compaiono in maniera esplicita anche in questo anime quando nel panorama mentale di Tarô compare una sorta di guida che si autodefinisce Snark, ripescando uno dei personaggi meno noti di Charles Dodgson. Si tratta di una creatura di fumo evanescente in cui solo le labbra sono in evidenza, una bocca grande e sensuale come quella di Louis Amstrong che quindi si rifà senz’altro anche al contesto musicale e in effetti qui la colonna sonora ha un’importanza di primo piano ed è molto curata, come avveniva in Astral Project, manga di Garon Tsuchiya e Shuji Takeya del 2004 in cui l’ascolto di un brano jazz generava lo stato di trance.
Gli autori hanno classificato Shinrei-gari come bildungroman dell’orrore, intenzionalmente ispirato a Twin Peaks di David Lynch e al racconto Stand by Me di Stephen King, ma i piani di lettura sono così ricchi che è difficile etichettare questa serie.
Rispettando i canoni classici dell’avventura per ragazzi (penso ovviamente al Wonderland o a Totoro ma si potrebbero citare numerosissimi altri esempi), qui si parla di un mondo psichico / onirico quasi del tutto sconosciuto per la scienza, al quale i bambini hanno accesso privilegiato. Ma, nell’era dell’informatizzazione, non si tratta più solo di un paese delle meraviglie quanto di uno spazio parallelo, popolato da insiemi d’impulsi elettrici. In questo G H somiglia a Dennô Coil: anche qui l’universo magico di Miyazaki è stato trasportato in un contesto tecnologico e persino la rappresentazione di alcuni spiriti /dati è simile ai Null illegali che si materializzano fuoriuscendo dalla nebbia, esseri completamente neri e filiformi che agiscono come se fossero zombie. Nella “realtà aumentata” non è più possibile credere nella sola magia o alle credenze di tipo religioso. Per questo in G H il punto di vista dei bambini non è innocente e incantato come vorrebbero gli stilemi della fiaba tradizionale e i dogmi s’incontrano con i due lati della scienza: da una parte le discipline umanistiche e dall’altro la ricerca materialistica.
Si diceva che i bambini non sono più creature pure e illuse: Tarô è stato vittima di un rapimento durante il quale sua sorella è morta; Makoto è il figlio di un uomo che, forse perché implicato nel crimine, si è tolto la vita mentre la madre si è allontanata lasciando un grande vuoto affettivo; Masayuki si sente responsabile del suicidio di un suo compagno.
C’è poi anche Miyako, una bambina che dice di essere posseduta da un dio (e per questa ragione viene designata come somma sacerdotessa di una setta), ma che in realtà soffre di un disturbo della personalità che la spinge a interiorizzare fino all’eccesso gli studi del padre. In lei, Tarô rivede sua sorella Mizuka. Forse per il mio percorso personale, ho trovato molto interessante la figura di Takahito Komagusu, ex antropologo diventato responsabile di un tempio scintoista: il suo punto di vista collega la prospettiva totalmente astratta della fede (impersonata dal manicheismo della nonna di Makoto e dalla sua “assistente”) a quella fredda delle analisi neuro scientifiche, portate avanti dallo psichiatra Atsushi Hirata, incaricato del consultorio scolastico e mandato ad indagare sull’incidenza dei fenomeni di OBE (Out of Body Experience) nella cittadina, e dalla dottoressa Reika Ôtori, implicata in una serie di esperimenti sulla creazione della vita artificiale. Non solo il signor Komagusu alleggerisce il tono serio degli argomenti da lui stesso citati grazie a un carattere lieve e sempre scherzoso, ma rappresenta quella parte del mondo adulto che è ancora in grado di avvicinarsi all’infanzia: per mantenere l’esempio riportato poco fa, l’ex professore ha la stessa funzione discorsiva di Tatsuo Kusakabe, padre delle due bambine di Tonari no Totoro ( Miyazaki,1988) mentre il momento dell’incontro di tra lui e Tarô nella coscienza dell’uomo in stato di coma richiama il dialogo tra Lain e il creatore del progetto KIDS. In questo passaggio sono è stata ripresa buona parte dell’iconografia che generalmente identifica lo “studioso” circondato dai suoi libri → Mi viene in mente anche la diga /libreria che argina un grande fiume in un quadro di Jacek Yerka e che potrebbe essere posta in parallelo non solo con la coscienza addormentata del signor Komagusu, ma – più in generale – con l’intero panorama della cittadina sulla quale incombono le acque di una chiusa.
Ogni visione dei fatti è ben documentata, partendo da nozioni reali – sindromi cerebrali, sintomi medici, testi storici e leggende del folclore nipponico – senza diventare noiosamente complessa ma restano sempre alcuni spiragli di permeabilità che non consentono di prendere una posizione netta. Ciascun personaggio ha un lato oscuro e coltiva i propri dubbi personali cercando una soluzione e evolvendo nel corso della storia – e, in questo senso, si potrebbe tentare un paragone grafico-narrativo con L’Attacco dei Giganti, un manga fantasy di grande successo nel quale pare che gli umani possano trasformarsi in giganti che, perdendo quasi del tutto l’uso della coscienza moralizzata, attaccano le città uccidendone e divorandone gli abitanti (gli sviluppi della trama sono ancora in fieri e il fumetto si appresta a diventare anche un anime che andrà in onda da aprile).
La vicenda si dipana a poco a poco, non solo attraverso i protagonisti ma anche con la partecipazione di tanti comprimari ben sviluppati e dalla psicologia complessa.
Si comincia gettando uno sguardo – lo sguardo dall’alto di chi sta sognando fuori dal proprio corpo – sulla famiglia di Tarô: con la loro attività di distillatori di sake, Ryûya Komori e la sua aiutante Kei Yakushi, sono il simbolo della tradizione artigiana che sopravvive in un ambiente in continua modernizzazione. La madre del ragazzo, non riuscendo a riprendersi dal trauma della morte della figlia maggiore vive chiusa nel suo mondo personale, pensando di poter in qualche modo comunicare con Mizuka. A questa figura triste e defilata si contrappongono altri modelli materni e femminili presenti nella serie: la madre di Makoto, profondamente segnata dalla lontananza del figlio, che si è risposata dopo la disgrazia avvenuta undici anni prima è la raffigurazione tragica dei sentimenti, portati a un eccesso teatrale (con un epilogo tipico delle opere classiche del kabuki); e la madre di Miyako, divorziata da Takahito e che compare solo come intermediaria politica quando la bambina finisce sotto il controllo della potente setta Ôgami, legata all’elite; infine c’è da considerare Reika Ôtori, la ricercatrice dei laboratori Japan Bio-Tech: una donna che sa sfruttare il suo potere di seduzione per manipolare il suo capo (padre di Masayuki Nakajima) e portare avanti il proprio progetto ma, nonostante la sua apparente freddezza calcolatrice, comincia a provare affetto (o forse compassione) per il ragazzino, vittima di una situazione famigliare alienante – con il papà assorbito dal lavoro e la sorella completamente lobotomizzata dalla realtà virtuale dei videogiochi. Anche la “donna in carriera” prova dei sentimenti e inizia a dubitare della propria correttezza, ma si tratta comunque di un tipo di amore opposto rispetto a quello assoluto, platonico e devoto della malinconica Kei, innamorata del nuovo marito della madre di Makoto. Il comportamento privato e professionale della Ôtori riconduce più che altro alla dimensione strettamente cyberpunk di questo anime. Non ci sono robot o alieni e nemmeno spiriti nel senso consueto del termine: Masamune Shirow porta avanti una riflessione più complessa sulla bioetica e sulle frontiere della morale contemporanea. Si aprono così scenari diversi che ricordano altre opere incentrate sul tema degli esperimenti genetici con la complessità dei film di Satoshi Kon e un design minimalista degno di capolavori del genere, come Ergo Proxy o Dogs – Bullets & Carnage di Shirow Miwa (ad esempio, l’assistente dell’istituto somiglia molto a Badou!), in aperto contrasto con i toni generalmente scuri dell’anime e con la pienezza di alcune scene piene di “spettri”.
http://www.anime-sub.com/watch/category/ghost-hound
http://en.wikipedia.org/wiki/Ghost_Hound
Sindromi e riferimenti medici
CHARLES BONNET SYNDROME: r Sindrome di Charles Bonnet in campo medico, si intende un disordine complesso caratterizzato da allucinazioni che si possono verificare soprattutto in persone con malattie a livello psichiatrico. Deve il suo nome al naturalista ginevrino Charles Bonnet che la descrisse nel 1760. La causa di tale stato allucinatorio è riferita ad una profonda diminuzione della vista dovuta alla degenerazione della macula o ad un'anomalia della corteccia occipitale. La persona sotto tali allucinazioni riferisce di osservare persone minuscole, ferme o in movimento, simili a dei fantasmi.
PENFIELD: (homunculus) applicando stimolatori elettrici al lobo temporale è possibile ricreare nel cervello la sensazione della musica e vivide esperienze del passato del paziente.
Il medico canadese PERSINGER utilizza lo stesso metodo d’indagine per studiare il fenomeno delle esperienze extra-corporee (O.B.E).
AMIGDALA: controlla le emozioni
IPPOCAMPO: memoria a breve termine Se c’è un danno all’i, il soggetto non ricorda i fatti avvenuti cinque minuti prima;
Se invece il danno fosse alla via che collega l’a all’apparato ottico, il soggetto sperimenta illusione maniacale. Ad es. credendo nei replicanti, come avviene nella CAPGRAS SYNDROME.
COTARD SYNDROME: illusione maniacale di essere già morti. Coinvolgendo anche l’olfatto, il soggetto pensa di puzzare di putrefazione (però, vedi Pennac).
L.T.P (Long term potentiation): aumento della “forza” delle sinapsi (che collegano i neuroni tra loro) mediante stimolazione elettrica esterna
La MLT è distribuita sulla rete di connessioni delle sinapsi
MEG: magnetoencefalogramma tecnica che traduce in immagine i campi elettrici prodotti dall’attività cerebrale
TFT Thought Field Therapy studiata da Roger J. CALLAHAN che ipotizzò che la vera essenza della paura non fosse da cercare nell’amigdala ma che si manifestasse sotto forma di energia al di fuori del cervello, stimolate da un agente esterno. Secondo SHELDRADRAKE “Come le immagini televisive non esistono dentro il televisore, i ricordi non esistono nel cervello”. I trattamenti per la paura basati sul concetto di TFT variano molto da caso a caso ma danno risultati in poco tempo.
MPD: (Multiple Personality Desorder) (ora noto come DID, Dissociative Identity Disorder) è un disturbo dissociativo che, se visto da un’altra prospettiva, può essere considerato come una possessione sciamanica. Gilling suggerisce una distinzione tra “ego” (stati che, pur essendo tra loro permeabili, possiedono un’unità complessiva) e “alter” (personalità staccate, che possiedono una loro storia biografica ed entrano in gioco nel DID); Nijehius distingue invece tra personalità usate nella vita quotidiana e personalità che rispondono a situazioni d’emergenza.
SINCRONIA: Per Jung, è l’interazione tra le diverse forme di coscienza e l’aspetto materiale della realtà che noi percepiamo. L’intero universo esiste dentro di noi, anche se riusciamo a coglierne solo una minima parte. La memoria non è situata in una singola parte del cervello, ma è un codice che pervade ogni parte.
DEMENZA DEI CORPI DI LEWY malattia strettamente imparentata con Alzheimer e Parkinson, con le quali condivide alcuni aspetti anatomopatologici. È caratterizzata da forti allucinazioni, indistinguibili dalla realtà.
Riferimenti culturali
YUURYAKU-TENNOU fu il 21° imperatore del Giappone. Si pensa che abbia governato il Paese nella seconda metà del V secolo (b. 418- d. 479). Nel Kojiki, l’imperatore incontra nella xzona di Katsuragi ( nella prefettura di Nara) il dio Hitogoto-nushi e gli offre i suoi vestiti. Tuttavia nel Nihon Shoki, che è stato scritto successivamente, la storia è raccontata in modo diverso: si dice che l’Imperatore e il Signore di Una Sola Parola amassero cacciare insieme ma, secondo la Storia Imperiale scritta in epoca Heian, Y lo dichiarò non gradito e lo esiliò a Tousa. Al tempo del Nihon Ryouki – una raccolta di leggende tradizionali – H era stato degradato fino a diventare servitore del monaco Ennou ma mentì, dicendo alla Corte che E stava tramando una ribellione e, scoperto l’inganno, fu esiliato a Izuma.
HITOGOTO-NUSHI è un dio che fa ciò che lui dice essere vero, che si tratti di una cosa buona o cattiva. Probabilmente si tratta di un dio locale venerato prima che fosse stabilita la Corte imperiale.
Nella zona di Katsuragi si trova un tempio in onore di H, nel territorio chiamato Collina defli Tsuchigumo (Ragni di terra). Questi erano una popolazione che per lungo tempo si oppose al potere centrale. Si pensava che T fossero discendenti della Gente del Cielo, che risiedeva nei mari a nord del Kyuushu.
KOTODAMA: potere mistico contenuto nelle parole.
SAKANAGI逆凪I: effetti collaterali di una formula magica che possono ritorcersi contro colui che l’ha pronunciata
SANIWA “colui che giudica un dio” In alcune pratiche come placare l’anima o ... un “giudice” e un ricevente / contenitore agiscono alla pari. In questi casi il giudice controlla che effettivamente un dio sia disceso nel contenitore, possedendolo.
KO-SHINTÔ: corrente fondamentalista nata nel 19esimo secolo che tentò d’imporre lo shintoismo come unica religione del Giappone, sradicando il buddismo.
MONOIMI: sacerdotesse che servono una miko intenta a richiamare un dio.
Nessun commento:
Posta un commento