martedì 19 marzo 2013

FRÍA BAJO LA LLUVIA



La pioggia è bianca come latte.


No, un momento … È neve.

Neve di primavera, instancabile e fredda.

È triste vedere la vita che se ne va senza una spiegazione.



19 marzo, 4.59 a.m. Perché sono sveglia? Cheshire miagola dal profondo della gola: l’urlo di un gatto egizio abbandonato. Entra in camera, si blocca, si tende sul pavimento, rallenta la respirazione. Spio i battiti cardiaci confusi col bioritmo del risveglio. Hello Kitty sfida la morte.

«Probabilmente è un problema neurologico» il veterinario di turno ha la voce gentile e disponibile di chi smangiucchia tè e biscotti sfogliando il manuale diagnostico. «Non lo muoverei. È vecchio …» Come dire: “Lasciamo che la Natura faccia il suo corso”. E allora mi siedo anch’io per terra, aspettando.



Cassy ha saputo e compra bocconi prelibati che non invitano. Medicine per uccidere i vermi con una pipetta sterile … Bestie scure che strisciano, divorano da dentro.



E intanto il mattino si fa notte: da un buio all’altro.

I fiocchi hanno smesso di cadere dal cielo denso, ma il terreno fatica ad asciugarsi.

L’uomo del servizio sanitario arriva subito dopo la nostra chiamata, ha la barba lunga e una maglietta di Che Guevara sotto la tuta d’ordinanza fluorescente.

Non è il caso di tenere un’urna a forma di Doraemon sul ripiano più alto della libreria. Nella scatola abbiamo messo due monete, come pegno tradizionale al traghettatore ma … cosa si offriva alla Somma Bastet? «Forse la ciotola dei pasti?» No, l’idea olfattiva della plastica che si fonde col corpo bruciato mette i brividi.



Accendiamo l’incenso e piantiamo i bastoncini incandescenti in un vasetto di nepeta verde smeraldo. Anche delle campanule azzurre starebbero bene in questa composizione funebre, sul davanzale della finestra, dove si affollano le colombe – reincarnazioni dell’anima (“Cucurrucucu Paloma …”).

«Io vorrei un funerale ecologico – solo il lenzuolo, per trasformarmi in tanti fiori gialli – ma ho il sospetto che in Italia sia vietato. Siamo destinate allo zinco. Troppo impersonale!» Marciamo verso l’eternità senza un minimo di romanticismo.



È triste sentire una voce, percepire un vuoto incongruo. Alissa ha perso il suo trickster. È evaporato per sempre; e non credevo che mi sarebbe mancato. Cioè, se avessi dovuto descriverlo, avrei detto che era molesto e pieno di tic “Sua madre sì che era una vera signora felina, sinuosa e discreta! Ah, sua madre sì …” . D’ora in poi ci saranno sicuramente meno spese e meno attentati al cibo lasciato sui fornelli, ma una mancanza rimbomba da lontano, anche se non si vede, come se la città non avesse più le sue sponde.

“Spegnete le stelle, buttate via la luna, tirate giù il sole” cantava il poeta in un blues disperato; “Svuotate gli oceani, abbattete gli alberi, perché niente, adesso, serve più a niente” piangeva il ragazzo nel suo omo-amore spezzato.



Mordendomi il labbro, soppeso il dolore sordo degli errori irrevocabili, dei rimproveri assurdi e ritrovo un’altra assenza che preme sul cuore, altri due soldini pagati al Nulla.

Perché, all’improvviso, tutto questo silenzio?



Stupida come sono, ho preso una birra in un bar e un libro da una bancarella, e ho scritto una dedica sulla prima pagina illudendomi di darlo ad Al in piedi al binario della stazione, nell’aria che sa di sale. Tornando alla realtà, celebro da sola una festa che non mi compete. Come da bambina, quando i miei compagni disegnavano bigliettini melensi per i loro papà mentre io tracciavo curiose rotte con le matite colorate e desideravo una telefonata internazionale, di rimbalzo sui precari sistemi satellitari. Almeno mio padre era un fantasma più nobile rispetto a quei grigi impiegati che tornavano a casa soltanto per una cena riscaldata.



Strappando il foglio resta una ferita di carta zigzagante.

Versando la lattina nel lavandino aspiro l’odore conosciuto di una pelle marina, dell’infanzia perduta. Parlare e tacere hanno lo stesso valore: pietre sul fondo di un pozzo.

http://youtu.be/-CsA1CcA4Z8

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